L'influenza dilaga, il picco però è atteso a febbraio

In questi giorni, anche in Trentino, una parte significativa della popolazione è alle prese con l’influenza o con malattie da raffreddamento. Il picco dell’influenza stagionale, però, è atteso a metà febbraio. Da metà gennaio i casi risultano in aumento con circa un milione e mezzo di italiani già colpiti e sessanta casi gravi registrati nelle ultime settimane: tra questi, la maggioranza è dovuta al virus della cosiddetta influenza suina A-H1N1. Il dato non preoccupa però i virologi, che affermano come invece qualche «timore» sia legato ad una nuova variante di virus influenzale che si sta diffondendo in Usa e nord Europa, l’A-H3N2.

«Nelle ultime settimane - spiega Stefania Salmaso, direttore del Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità - sono stati segnalati una sessantina di casi più gravi, ed in una cinquantina di questi è stato necessario ricorrere alla ventilazione assistita attraverso l’apparecchiatura Ecmo».

Si sta dunque entrando nelle fase più acuta dell’influenza stagionale con, ad oggi, almeno due segnalazioni di decessi per complicanze (ad Aosta e nel caso di un bambino a Lecce).

La «maggioranza dei casi - rileva Salmaso - è dovuta al virus H1N1, ma questo dato non preoccupa particolarmente». Infatti, chiarisce, «ci si attendeva l’arrivo di un ceppo virale nuovo ed eventualmente più virulento, ma al momento il ceppo che continua a circolare maggiormente è appunto l’H1N1, già noto e già ricompreso nella composizione del vaccino».
Ciò «è solo la riprova della “efficienza” di tale virus, che non si è lasciato “sostituire”, almeno finora, da altri virus emergenti nuovi».
Al momento, infatti, un ceppo virale nuovo si sta diffondendo solo in Usa e nord Europa, ma non in Italia: si tratta appunto di una variante del virus A-H3N2, non ricompresa nel vaccino.
Tale ceppo, afferma Salmaso, «potrebbe arrivare anche da noi, ma bisogna vedere, nel caso, in che termini e portata. Insomma - commenta - è una spia rossa che si accende, ma non è detto che a ciò corrisponderà poi un reale pericolo».

Dello stesso parere Fabrizio Pregliasco, ricercatore del dipartimento di scienze biomediche dell’Università di Milano: «Su 266 casi di influenza isolati per la sorveglianza campionaria in Italia, 190 sono dovuti al virus A-H1N1, pari al 71%.

Questo dato, però, non allarma. Infatti, il virus della suina è quasi diventato un virus stagionale; quando comparve per la prima volta, nel 2009, destò preoccupazione, ma non si è poi rivelato particolarmente aggressivo ed oggi è compreso tra i virus influenzali presenti nella composizione del vaccino».
Come gli altri virus, sottolinea Pregliasco, «l’H1N1 continua a circolare e colpisce di più i giovani perché un virus “parente” era già circolato in passato e, dunque, gli anziani sono più coperti dalle vaccinazioni fatte».
Anche Per Pregliasco, qualche timore «potrebbe legarsi al virus emergente H3N2: se arrivasse, potrebbe allargarsi il numero di persone colpite ma - tranquillizza - non si tratta comunque di un virus di marcata gravità».

A pesare sul bilancio finale dell’influenza stagionale in termini di numero di casi e decessi, invece, potrebbe essere il calo registratosi quest’anno nelle vaccinazioni a seguito della vicenda del vaccino Fluad (poi scagionato dal legame con alcuni decessi sospetti tra anziani), un calo di somministraziooni stimato in circa il 15-20% sull’anno precedente.
Per questo, avverte il presidente della Società italiana di igiene, Carlo Signorelli, «anche se è un po’ tardi per vaccinarsi, per le categorie a rischio, come gli over-65, non è invece mai troppo tardi, e questo gesto potrebbe evitare conseguenze più gravi».

Dunque, considerato che l’influenza stagionale si sta rivelando «più aggressiva» di altri anni, è dunque opportuno «prolungare i termini della campagna vaccinale», solitamente fissati da ottobre a fine dicembre. L’indicazione arriva anche dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, a fronte dei dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss) che segnalano un aumento dei casi nelle ultime settimane.
Il consiglio è dunque quello di vaccinarsi, rifuggendo «dalla psicosi antivaccini e dalle campagne disinformative sul tema che - ha affermato Lorenzin - dilagano in rete».
«Sono d’accordo con il prolungamento della campagna vaccinale - ha sottolineato oggi il ministro - e ricordo che l’anno scorso in Italia sono morte 8 mila persone per complicanze legate appunto all’influenza».

I più colpiti continuano a rimanere i bambini sotto i 5 anni, ma i dati di gennaio mostrano un brusco aumento, quasi un raddoppio, negli adulti. A livello regionale, Marche, Veneto, Campania ed Emilia Romagna sono le regioni maggiormente colpite. Secondo l’Iss, il livello di incidenza dell’attuale stagione è comunque simile a quello osservato in precedenti stagioni influenzali, in modo particolare nella stagione 2012-2013.

I medici di base lombardi hanno subito accolto l’invito del ministro, ricordando che ci sono dunque ancora due settimane utili per potersi vaccinare, prima che l’influenza raggiunga il picco previsto per metà febbraio. «I vaccini sono sicuri e c’è ancora tempo per vaccinarsi - afferma Fiorenzo Corti, segretario regionale della Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) -. Ci sono ancora almeno 15 giorni utili per vaccinarsi. Invitiamo la popolazione a chiedere informazioni e rivolgersi ai medici di famiglia tuttora impegnati nella campagna vaccinale».
Un maggior numero di vaccinati - conclude Corti - permetterà di migliorare le condizioni di salute di anziani e pazienti cronici e consentirà, al tempo stesso, di ridurre gli accessi agli studi dei medici di famiglia, ai Pronto Soccorso e alle strutture di ricovero che già sono sull’orlo del collasso».

Nel frattempo, in ospedale scatta l’allarme per il forte afflusso di pazienti: da Pavia a Pistoia, da Varese a Napoli, passando per Roma, la situazione nei pronto soccorso di mezza Italia è sempre più grave. Ai consueti problemi organizzativi e di surplus di lavoro, si aggiunge l’avvicinarsi del picco di contagio influenzale che comporta maggiori assenze del personale per malattia ma, soprattutto, maggiori accessi in emergenza-urgenza, come ormai risaputo, spesso anche senza reale motivo. Il risultato sono ore di attesa prima di un ricovero, corsie strapiene, barelle lungo i corridoi e ambulanze ferme.

Ogni anno, secondo i dati della Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu) sono circa 24 milioni gli accessi, quasi uno ogni secondo e il picco si registra, in genere, in questa stagione. «La situazione è grave in particolare nelle grandi città, come Roma, Lecce, Genova, Bologna. La mancanza di personale cronica fa si che la situazione sia ogni anno la stessa», commenta Costantino Troise, segretario Anaao Assomed, sindacato che riunisce i dirigenti medici.

Nell’emergenza, l’Italia si trova per una volta unita da Nord a Sud. In Calabria, l’azienda ospedaliera di Cosenza ha deciso lo «stop ai ricoveri ordinari e programmati in tutti i reparti fino al 25 gennaio 2015». «Una misura resa necessaria - fa sapere l’azienda ospedaliera - per far fronte all’iperafflusso di pazienti, legato al picco di malattie stagionali, che ha gettato nel caos il pronto soccorso» che, «in atto, registra un numero di pazienti largamente superiore alla recettività degli ambienti».

A Roma, nei giorni scorsi il caos non ha risparmiato il Pertini, Il Sant’Eugenio e il San Camillo. «È l’esito da un lato del blocco del turn over, dall’altro dei tagli lineari che hanno ridotto i posti letto degli ospedali, senza che vi fosse un’appropriata rete territoriale alternativa», secondo il segretario Fp Cgil Massimo Cozza.

Tagli al personale sotto accusa anche per Andrea Bottega segretario nazionale del Nursind, il sindacato degli infermieri. «I lavoratori sono costretti a turni massacranti. Lo dimostra il caso di emorragia cerebrale di cui che ha colpito un infermiere, letteralmente crollato dopo aver lavorato a ritmi frenetici per dodici ore consecutive al pronto soccorso dell’ospedale Martini di Torino».
Un’emergenza «che poteva essere evitata, perché ampiamente prevedibile», dichiara Tonino Aceti, coordinatore del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. «Il picco dell’influenza è noto così come le soluzioni per decongestionare i pronto soccorso e offrire alternative assistenziali alle persone sul territorio. È evidente che le soluzioni sono rimaste solo sulla carta».

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