Approfitta degli handicap per farsi dare 20 mila euro

Aver approfittato di una persona vulnerabile, facile preda di persone senza troppi scrupoli, per portargli via i suoi pochi risparmi, ma anche denaro che l'uomo aveva chiesto in prestito ai suoi stessi familiari. È una gran brutta imputazione quella contestata ad un cinquantenne di origini siciliane ma da anni residente nelle Giudicarie. A conclusione del processo l'imputato, difeso dagli avvocati Claudia Zeni e Claudia Vettorazzi, è stato condannato dal giudice Giuliano De Donato alla pena di 2 anni di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale. Il giudice ha anche riconosciuto alla parte civile, costituita attraverso l'avvocato Tamara Lorenzi, una provvisionale di 20 mila euro. I danni complessivi dovranno essere quantificati attraverso separato giudizio civile.


Il procedimento penale prende le mosse da una denuncia presentata dai famigliari della parte offesa. L'uomo, un cinquantenne delle Giudicarie, a causa di acclarati deficit era stato inserito in un programma lavoro protetto. Protetto, ma non abbastanza visto che è stato proprio un collega collocato nello stesso ambito lavorativo ad approfittare della situazione. I familiari si erano resi conto che l'uomo chiedeva in prestito del denaro, ma non c'erano ragioni apparenti a sostegno di quelle sue richieste. Perché mai il fratello aveva bisogno di tutto quel denaro? L'ipotesi è che i soldi venissero dirottati nelle tasche di uno spregiudicato collega, impiegato nella stessa "squadra".


Le indagini condotte dalla Guardia di finanza hanno confermato il flusso di denaro sospetto. L'imputato avrebbe prima guadagnato l'amicizia e la fiducia del collega, e poi gli avrebbe chiesto ripetutamente somme di denaro. Le motivazioni erano le più disparate: versamento di contributi Inps in favore della vittima, un prestito all'odierno imputato per evitare che questi perdesse l'abitazione, pagamento di multe, persino denaro destinato a presunti lucrosi investimenti. In questo modo l'imputato avrebbe indotto il collega «a consegnargli - si legge sul capo di imputazione - in più occasioni somme di denaro d'importo complessivo non inferiore a 69 mila euro». 


Nel corso del processo sono stati sentiti tra gli altri i finanzieri che hanno condotto le indagini, i fratelli della parte lesa, il consulente della procura che ha accertato i deficit della vittima e alcuni colleghi di lavoro. Alla fine il giudice ha ritenuto provata la circonvenzione di incapace, ma la difesa ha comunque ridotto l'impatto delle accuse: dalla lettura del dispositivo si intuisce che il giudice De Donato ha ritenuto raggiunta la prova a carico solo per oltre 20 mila euro e non per tutti i 69 mila contestati dalla procura.

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