Saviano: mele e mafia «Era solo un monito»

Un monito e non un fatto realmente accaduto e documentato. Questo era il significato delle parole di Roberto Saviano quando parlò di tentativi della mafia di inserirsi nella distribuzione delle mele trentine. L'ha chiarito lo scrittore sentito dal Ros su incarico del procuratore DragoneIntervento al Festival dell'Economia 2010Saviano choc: «Mafia anche nel settore mele»

Stefano DragoneTRENTO - «Dalla Calabria tramite mediatori trentini le famiglie aspromontine hanno tentato di inserirsi nella gestione e nella distribuzione delle mele trentine». A tracciare questo scenario, che aveva sollevato polemiche e perplessità nel mondo ortofrutticolo, era stato lo scrittore Roberto Saviano, intervenuto nella giornata conclusiva del Festival dell'economia. Affermazioni, ha però chiarito nei giorni scorsi lo scrittore, sentito dai carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale, di Trento al telefono mentre era a Parigi su incarico del procuratore capo Stefano Dragone (nella foto), pronunciate di fatto come un monito. «Tali affermazioni - ha detto Saviano - volevano avere un effetto di sensibilizzazione e allarme rispetto al significato prettamente documentale e giornalistico offerto l'indomani dalla stampa locale che, tra l'altro, titolava "I mafiosi sono pure qui tra le mele del Trentino!"». Il possibile riferimento ad infiltrazioni dell'ndrangheta nella distribuzione delle mele era stato fatto dall'autore di Gomorra per spiegare come la mafia non sia più quella che punta la pistola, ma operi con strumenti finanziari moderni e possa insinuarsi nell'economia anche senza sparare. Le sue parole, tuttavia, non erano sfuggite ai responsabili del settore e a chi si occupa di commercializzazione. Michele Odorizzi, presidente di Melinda, aveva spiegato di non aver mai avuto «neppure un sentore di un pericolo di questo genere in Trentino». Con una lettera aperta indirizzata allo scrittore, Luigi Ortolina, rappresentante del Gruppo degli agenti ortofrutticoli della provincia di Trento, chiedeva di sapere chi fossero le «mele marce». L'impressione dei più, comunque, era che eventuali reati non sarebbero stati commessi nella nostra provincia: il riferimento infatti era a tentativi di infiltrarsi nei canali commerciali forse al sud, ma non certo qui in Trentino dove gli addetti del settore ritengono altamente improbabile che la malavita possa interferire con la distribuzione del prodotto. Il procuratore capo Stefano Dragone, pure escludendo che vi fossero indagini aperte su possibili infiltrazioni mafiose, aveva garantito che la vicenda sarebbe stata approfondita. Per questo ha incaricato i carabinieri del Ros di Trento di sentire lo scrittore per chiarire il significato di quelle parole.

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