Il dolore di una comunità

Il dramma di Fabio Calovini e Iolanda Ongaro in una lettera. È quella che il protagonista della tragedia di Livo voleva scrivere proprio all'Adige, ma che rimase nella memoria di un computer e solo ieri è arrivata a destinazione. Calovini, che mercoledì scorso ha tolto la vita alla moglie Iolanda, da giorni in coma, per poi ammazzarsi, si inseriva con quella lettera nel dibattito sui suicidi in val di Non. Lo sgomento del paese

coppiaPREGHENA - Strade deserte, nel pomeriggio il solo negozio chiuso, nella vicino Livo anche il bar è in turno di riposo. L'intero territorio comunale sembra vestito a lutto, in tutte le sue frazioni. Qualche persona che lavora nei campi, nessun passante, un silenzio che sa di profonda riflessione sulla terribile tragedia consumatasi nel primo pomeriggio di mercoledì. «Come è potuto succedere?». Sembra quasi di sentirlo gridare, nel silenzio delle strade vuote. «Sono cose che non si spiegano», commenta don Pio Dallavo , fino a poco più di due anni fa parroco del paese. «Anch'io mi pongo la stessa domanda, senza trovare risposte, come tutti. Ma purtroppo sono cose che capitano».
Don Pio conosceva abbastanza bene Fabio Calovini e Iolanda Ongaro . «Persone impegnate, molto positive», commenta. «Credenti e praticanti, partecipavano alle cerimonie religiose, quando erano in paese. Non posso dire di essere stato in amicizia, con loro, li conoscevo in quanto fedeli, perché spesso erano presenti alle cerimonie religiose, quando erano in paese. Non ho ricordi particolari, su di loro. Ma posso dire con assoluta sicurezza che erano brave persone, e bravi fedeli».
Lo sgomento della comunità lo riassume il sindaco Franco Carotta . «In paese sono tutti perplessi. E nessuno ha voglia di parlare. Tutti sono rimasti sopresi, da quanto successo, è logico che nessuno abbia voglia di parlare di fatti simili, che fanno riflettere profondamente».
Più disposto al dialogo è Carlo Alessandri , lui sì residente a Preghena, dove riveste la carica di presidente del comitato Asuc, ed è da decenni membro attivo del mondo del volontariato locale. «Siamo rimasti tutti impressionati», introduce Alessandi. «Nessuno si aspettava una cosa simile, una vicenda che fa ancor più scalpore, in una piccola comunità come la nostra. Certo, Fabio era depresso, dopo che la moglie si era ammalata, lo si vedeva, ma non aveva dato alcun segnale che potesse essere interpretato come un annuncio di questo terribile epilogo. Tanto lui, quanto sua moglie, erano persone cui era facile voler bene».
Alessandri dirige il locale notiziario semestrale «Mezalon», pubblicato dall'amministrazione comunale, di cui Fabio Calovini era convinto collaboratore, curando una rubrica di storia minima locale, in cui da anni riesumava gli antichi mestieri, le tradizioni di un tempo, i personaggi e le vicende che hanno caratterizzato il passato della comunità. «Un pensiero certo lo dedicheremo, a questo prezioso collaboratore purtroppo scomparso», annuncia Alessandri. «Lo merita, per il suo impegno costante, per le sue capacità». Carlo Alessandi aveva incontrato Fabio Calovini, l'ultima volta, una decina di giorni fa. «Lo avevo visto un po' depresso, ma niente nel suo comportamento poteva indurre a pensare a quanto poi sarebbe accaduto», afferma. «Lui era sempre disponibile. Anche a Natale, quando abbiamo fatto una festa per l'intera comunità, aveva curato tutto il servizio fotografico dell'evento, e già allora la salute di sua moglie era minata dalla malattia. Era una persona piena di vigore».
I coniugi Calovini li conosceva bene anche Pierluigi Fauri , altro personaggio pubblico di Livo (ispettore distrettuale dei vigili del fuoco, presidente della Scaf, ex amministratore comunale...). «Persone di notevole cultura, agiate, senza problemi», afferma. «Negli ultimi mesi lui evidenziava apprensione per la moglie, ma non aveva lanciato segnali particolari, o quanto meno non segnali che potessero far ipotizzare una conclusione simile. Quando parlavi con lui ti rendevi conto di essere di fronte ad una persona dotata di una preparazione culturale solida, aveva girato mezzo mondo, aveva grandi conoscenze. Ed anche sua moglie. Persone di cui non si può che parlare bene. Aveva lavorato per anni per la Sipca (Società industria prodotti chimi agricoltura di Milano, ndr), poi era stato in Veneto per dirigere un'azienda agricola, dalle parti di Rovigo. Lascerà un vuoto, nella nostra comunità, era un profondo conoscitore della storia del paese, ed ancor più della storia dell'agricoltura. Una perdita per tutti». Sul fronte dei familiari della coppia tragicamente scomparsa, solo silenzio, le due figlie Monica e Mara sono irrintracciabili, chiuse nel loro dolore con le proprie famiglie. Proviamo a contattare il fratello Adolfo Calovini , classe 1929, nato un anno prima di Fabio, residente a Preghena, a poca distanza da quel civico 37, la casa in cui, nell'appartamento al primo piano, si è consumata la duplice tragedia. Risponde la moglie. «No, non è disposto a parlare. Cercate di capire, abbiamo i nostri problemi, per quanto successo. Fabio era una persona positiva, questo è sicuro. Ma ora abbiamo il nostro dolore, per quanto accaduto, meglio non dire niente, stiamo bene così».
Guido Smadelli

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