Il fondo delle Rurali: in ballo 300 milioni di pensioni

di Francesco Terreri

Le organizzazioni sindacali di categoria e la Federazione Trentina della Cooperazione hanno sottoscritto un patto per rafforzare e rilanciare il Fondo pensione delle Casse rurali, a cui aderiscono 3.290 bancari delle banche coop della provincia, di Cassa Centrale e delle società controllate, della stessa Federazione e di società di sistema come Cooperfidi e Promocoop.

Il Fondo, istituito nel 1985 per dare ai dipendenti delle Rurali la possibilità di costruirsi una previdenza complementare, gestisce circa 300 milioni di euro di risparmi previdenziali. Ma il suo futuro non è scontato, come non è scontato quello di altri istituti locali bilaterali, la Cassa mutua delle Rurali, che eroga ogni anno prestazioni sanitarie integrative per circa 2 milioni, e l’ente bilaterale Ebicre col Focc, il Fondo occupazione con cui si sostengono le uscite «morbide» dal lavoro e i prepensionamenti dei bancari: ne sono in arrivo altri 6 con le recenti fusioni tra Casse trentine.

Il punto è che i nuovi gruppi bancari nazionali, anche se non l’hanno ancora esplicitato, preferirebbero che questi istituti diventassero di gruppo. «Ma in questo modo - osserva Domenico Mazzucchi della Fabi, appena nominato cooordinatore della delegazione del sindacato nel gruppo Ccb - si perderebbero delle sedi sganciate dalla logica di gruppo, dove invece gruppi concorrenti si ritroverebbero nei comuni valori». Senza contare che una trasformazione del Fondo pensione trentino in Fondo del gruppo Cassa Centrale vorrebbe dire anche la divisione delle risorse del Fondo pensione nazionale delle Bcc, che oggi conta 31.100 iscritti con 2,3 miliardi di patrimonio.

In questo quadro la Federazione, con la presidente Marina Mattarei e il direttore Alessandro Ceschi, e i sindacati di settore hanno sottoscritto l’atto di indirizzo rivolto agli organi del Fondo - presidente è Vincenzo Saporito della Fabi, vice Paolo Pettinella di Federcoop - in merito alle scelte strategiche da intraprendere nel prossimo futuro. Per i contraenti del patto, il Fondo pensione è stato un tassello fondamentale della costruzione di un welfare territoriale partecipato, insieme agli altri strumenti di welfare territoriale di settore. Il patrimonio economico e di relazioni sul territorio trentino generato dalla gestione del Fondo non deve essere disperso, ma anzi va valorizzato anche nel nuovo scenario nazionale del credito cooperativo.

Tutte le soluzioni gestionali per rendere sempre più efficiente ed efficace il Fondo saranno affrontate insieme dalle parti istitutive e dal cda, recentemente rinnovato con l’ingresso di professionalità ed esperienze nel settore previdenziale. A tali fini, si vaglieranno tutte le strade possibili, compreso l’eventuale allargamento alle altre Bcc e società del gruppo Cassa Centrale, compatibilmente con l’attuale quadro normativo e con la possibilità di mantenere la qualifica di Fondo negoziale chiuso preesistente, cui sono connesse regolamentazioni particolari per alcune categorie di iscritti.

In ogni caso, tali future scelte strategiche dovranno tenere in considerazione l’impatto generale delle soluzioni individuate, considerata la presenza di realtà analoghe nel credito cooperativo nazionale, nonché l’ancoraggio territoriale e organico del Fondo al sistema della cooperazione trentina.

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