Reddito di cittadinanza, ecco chi premierà

Oltre un quarto dei beneficiari del reddito di cittadinanza saranno casalinghe. L’Istat in audizione al Senato snocciola i dati sul reddito di cittadinanza. Su 2,7 milioni di beneficiari totali attesi 679.000 sono casalinghe mentre 428.000 risultano occupati e 613.000 disoccupati. Gli under 16 sono 515.000 mentre gli studenti sono 184.000 e i ritirati dal lavoro 224.000. Gli inabili al lavoro sono 63.000.

Se si guarda solo alle persone in età da lavoro (15-64 anni) le casalinghe che potrebbero prendere il sussidio sono 465.000 (il 26% del totale).



I single «costituiscono il 47,9% delle famiglie beneficiarie» del reddito di cittadinanza, che riceveranno in media un sussidio annuo di 4 mila 469 euro (82,1% del reddito). È uno dei dati forniti dall’Istat nell’audizione sul decretone al Senato. Il sussidio medio in generale sarà di 5.045 euro (il 66,7% del reddito familiare), che sarà più alto al Sud (a 5.176 euro). Le famiglie residenti al Nord avranno in media 4.837 euro (66% del reddito).

Sussidio più magro al Centro, 4.912 euro (61,9% del reddito). Il reddito «potrebbe interessare 1 milione 308 mila famiglie», delle quali oltre la metà, il 57% al Sud. Nelle stime Istat «752mila vivono nel Mezzogiorno, 333 mila al Nord e 222 mila al centro». Calcolando le relative incidenze si stima che le famiglie beneficiarie siano «il 9%» di quelle residenti nel Mezzogiorno, il 4,1% al Centro e il 2,7% al Nord. «Le coppie con figli minorenni sono circa 260 mila (il 19,6% delle famiglie beneficiarie) e percepiranno, in media, 6 mila 470 euro, quindi meno delle coppie con figli tutti adulti (che percepiranno 7 mila 41 euro) per effetto delle scale di equivalenza» precisa l’Istat.

Tra i potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza in età da lavoro ci sono, anche circa 120 mila laureati, compreso chi ha anche un titolo di studio post-universitario. Lo spiega l’Istat illustrando le sue stime alla commissione Lavoro del Senato nel corso dell’audizione sul decretone. La stragrande maggioranza, oltre il 62% (1 milione e 120mila persone, ha conseguito invece il diploma di terza media o la licenza elementare (241mila persone, il 13,4%). Il 30,9%, 553mila persone, ha un diploma di scuola superiore.

Infine, nel 2019 il costo totale del Reddito di cittadinanza nell’ipotesi di take up all’85% è stimato in circa 6,6 miliardi di euro su base annua. Lo si legge nel documento presentato oggi dall’Istat in audizione alla Commissione Lavoro del Senato. L’Istat ricorda che secondo la Relazione tecnica del Decretone nel 2019 sarebbero necessari 5.620 milioni per nove mensilità (oltre a 274 milioni per il proseguimento del Rei). Il costo annualizzato del Rdc secondo la relazione tecnica è di 7.493 milioni di euro.


 

LA PRESENTAZIONE SHOW

La scenografia da grande evento, musica di sottofondo, e un velo a coprire la teca con la ‘card numero 1’. Ha studiato ogni dettaglio il Movimento 5 Stelle per presentare ufficialmente il reddito di cittadinanza: il vicepremier Luigi Di Maio prima da solo; il rilascio del sito internet con tutte le informazioni; la chiamata sul palco del premier Giuseppe Conte che parla di una riforma «di equità sociale» di cui essere «orgogliosi» e che altri «studieranno».

E infine il leader M5S che svela la carta, protetta come il «decino di Zio Paperone», con la quale «lo Stato torna amico dopo le batoste pro-austerity».

Nelle stesse ore in cui i 5 Stelle festeggiano la loro misura simbolo, con la presenza di tutto lo stato maggiore del Movimento e la (vistosa) assenza degli alleati di governo leghisti, in Parlamento vanno invece in scena perplessità e critiche degli attori chiamati a realizzarlo. A partire dalle Regioni, preoccupatissime per i ritardi nelle assunzioni «strutturali», cioè quelle che dovrebbero fare loro per aiutare chi percepisce il reddito a trovare lavoro, e quelle «precarie» che dovrà fare l’Anpal, peraltro a rischio «costituzionalità».



Gli assessori reclamano il rispetto delle competenze, ricordando che la Carta affida a loro le politiche attive per il lavoro e la gestione dei centri per l’impiego. Per questo chiedono di sbloccare le 1.600 assunzioni previste ancora da fine 2017 più quelle finanziate con l’ultima manovra: in tutto 5.600 operatori che da soli basterebbero a dare il via alle operazioni legate al reddito, senza bisogno dei 6mila ‘navigator’ che assumerà senza concorso Anpal Servizi e che dovranno lavorare nel territorio insieme agli addetti regionali ma con diverso stipendio, diversa organizzazione e anche diverso datore di lavoro.

Ci sono poi i dubbi dei Comuni, che già ora dicono di non essere in grado di verificare i 10 anni di residenza richiesti per accedere al nuovo sussidio: al massimo, in attesa che arrivi l’Anagrafe nazionale, i sindaci potranno controllare gli ultimi due anni richiesti, che devono essere continuativi. Ma nulla più. Anche perché i tempi per risalire alla storia di ciascuno, soprattutto con diversi cambi di città, non sarebbero compatibili con l’erogazione del reddito.

Altrettanto difficile sarà per l’Inps, dice Tito Boeri, verificare i requisiti patrimoniali in soli 5 giorni come prevede il decretone, tanto che ci saranno almeno «100mila famiglie» sulle quali sarà necessaria una successiva e «poco popolare» azioni di recupero. Il presidente dell’Inps non limita a questa critica sul nuovo sussidio. Intanto in sostanza dimezza (così come fa anche l’Istat) la platea dei beneficiari: non i 5 milioni che il governo continua a citare ma due milioni e mezzo di persone interessate frutto però, secondo il consigliere di Di Maio, Pasquale Tridico, delle elaborazioni su un database «meno affidabile» di quelli del ministero del Lavoro.

Ma l’appunto più pesante di Boeri al reddito, lo stesso avanzato peraltro anche da Confindustria, è quello di essere una misura che in realtà scoraggia il lavoro. Non solo, secondo la Corte dei Conti può anche «spiazzare il lavoro legale». Secondo i calcoli dell’Inps infatti i 780 euro corrisposti a un single che dichiara zero reddito sono di più di quanto guadagna «il 45% dei dipendenti privati al Sud», mentre gli industriali ricordano che «lo stipendio mediano dei giovani under 30 si attesta a 830 euro netti al mese». Certo, c’è già chi osserva che forse bisognerebbe fare una riflessione anche sull’aumento dei salari, ma nel frattempo, secondo questi osservatori, di fatto «restare sul divano» diventa quasi più conveniente che lavorare.

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