Boom dei precari: più 36%. In Trentino sono ben 15mila

di Elena Nicolussi Giacomaz

Inclusività: questa la parola chiave, secondo il segretario Nidil Cgil Gabriele Silvestrin, quando si parla di precariato e mondo del lavoro. Perché «il grande tema è proprio questo: la disparità di tutele tra chi si trova dentro e chi fuori dal sistema. Come sindacato - ha proseguito - vogliamo combattere per l’inclusione vera dei lavoratori e delle lavoratrici con contratti atipici che, troppo spesso, vivono in una nuova forma di schiavitù».
Così il segretario uscente ha aperto ieri il secondo congresso Nidil del Trentino, il sindacato dei lavoratori atipici, tenutosi presso la sede della Cgil alla presenza dei rappresentati del mondo sindacale.
Un’occasione in cui è stato preso in esame il tema del precariato in senso stretto, che in Trentino annovera tra i 12 mila e i 15 mila lavoratori occasionali atipici, ma che ha visto anche la conferma di Silvestrin alla guida di Nidil, eletto dalla nuova assemblea generale.
Silvestrin, citando Seneca, ha precisato che, «così come l’uomo non può non occuparsi di tutto ciò che riguarda l’uomo, il sindacato non può non occuparsi delle anomalie contrattuali del mondo del lavoro». Tutto questo in un mondo del lavoro sempre più frammentato e in un «contesto sempre più conflittuale, in cui l’Italia, attraverso le ultime elezioni, ha mostrato tutte le sue incertezze».
Il Trentino, «pur essendo una terra accogliente, condivide quelle stesse paure - ha osservato - e sono presenti segnali di un’inversione di tendenza. Contesto in cui lo spettro della precarietà cresce in modo esponenziale, con tutele ridotte all’osso».
Silvestrin ha denunciato, nello specifico, l’impennata dei contratti a chiamata: «Più 36,5% rispetto al 2017, ma con punte del 114% nei settori del turismo e della ristorazione». Una «nuova forma di schiavitù», ha ribadito, che «nasconde lavoro nero e conclama l’assoluta subalternità dei lavoratori alle esigenze contingenti del datore di lavoro».
Ma anche il mondo museale e dello sport non sono indenni al precariato. «Nello sport l’instabilità lavorativa regna sovrana, in una mistificante collusione tra volontariato e unica fonte di reddito per decine di migliaia di lavoratori» ha sostenuto.
Sui musei, invece, Silvestrin ha rivendicato l’impegno messo in campo per i lavoratori e le lavoratrici del Muse, «prima per arrivare alla definizione di un contratto di secondo livello, in seguito per tutelarli nell’esternalizzazione del servizio e il passaggio alle cooperative che si sono aggiudicate l’appalto».
«In questo scenario - ha osservato in conclusione - il tema della precarietà lavorativa dovrebbe essere tema centrale per la comunità intera, specialmente considerando un futuro pensionistico disastroso. Formazione e innovazione sono gli ingredienti per uscire dalla strada miope in cui ci troviamo: investire nelle persone e in un welfare integrativo in cui tutti, a prescindere dalla tipologia contrattuale, possano godere delle stesse tutele».

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