Brexit, Londra non vuole lavoratori dalla Ue

Prende forma il piano del governo britannico per ridurre l'immigrazione dall'Ue dopo la Brexit e si prospetta una decisa stretta agli ingressi che ha scatenato una bufera. A dare fuoco alle polveri è stato il Guardian pubblicando un documento dell'Home Office di 82 pagine in cui si elenca una serie di possibili misure.

Fra queste è previsto che la libera circolazione dei lavoratori finisca subito dopo l'uscita del Regno dall'Unione, che venga scoraggiato l'ingresso di lavoratori non qualificati con permessi di residenza della durata di massimo due anni e che sia introdotto l'obbligo del passaporto alla frontiera. Un vero e proprio «giro di vite» per molti osservatori subito finito sotto accusa da più parti. Nonostante qualche timida rassicurazione da parte dell'esecutivo Tory - come quella del ministro della Difesa Michael Fallon che nega la volontà di chiudere le porte - è stata la premier Theresa May a chiarire che, almeno a parole, lei intende tagliare drasticamente gli ingressi nel Paese.

Durante il Question Time ai Comuni ha affermato che l'immigrazione deve scendere a «livelli sostenibili». E con questa definizione il primo ministro intende al di sotto della soglia dei 100mila nuovi ingressi l'anno, il target a lungo promesso ma ampiamente mancato dagli ultimi governi conservatori.

Anche se si tratta di proposte, le misure nel documento dell'Home Office mettono in rilievo, nero su bianco, la volontà dei Tory di restringere in futuro gli arrivi dei cittadini che si trasferiscono dall'Ue. La bozza, datata agosto 2017, punta a dare priorità ai britannici nell'accesso al mercato del lavoro. Prende di mira in particolare i lavoratori con bassa specializzazione, rispetto ai quali ieri May è intervenuta affermando che il forte afflusso di manodopera straniera finisce col penalizzare i cittadini meno abbienti. Ma anche per i lavoratori Ue altamente qualificati sono proposti permessi di residenza, un po' più lunghi, da tre fino a cinque anni. Fra le altre potenziali restrizioni, quelle riguardanti i ricongiungimenti familiari, col rischio che molte famiglie siano così divise, e quelle per gli studenti dal continente che prevedono una maggiore padronanza dell'inglese e il controllo della loro disponibilità finanziaria.

Una delle reazioni più critiche è stata quella del sindaco laburista di Londra: «Il documento è un esempio di hard Brexit ed è un piano che rischia di soffocare l'economia di Londra». Oltre al primo cittadino, sono insorte le imprese che contano proprio sui lavoratori non specializzati.

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