Il nylon «verde» di Aquafil per i mitici jeans Levi's

di Francesco Terreri

Econyl, il nylon «verde» di Aquafil rigenerato da materiali dismessi come reti da pesca e moquette a fine vita, spopola tra le case di moda.

Il gruppo arcense ha appena siglato una partnership con Levi Strauss & Co, una delle più grandi aziende di abbigliamento al mondo e leader mondiale nel settore dei jeans, per creare una nuova collezione uomo realizzata in nylon rigenerato.

«Abbiamo in cantiere altri accordi di questo tipo» annuncia il presidente e amministratore delegato di Aquafil Giulio Bonazzi . Il 2015 si è chiuso con la conferma del fatturato a 500 milioni di euro e un boom dei profitti: il margine lordo (Ebitda) cresce del 15% da 55 a oltre 60 milioni. Per il futuro, si legge nella nota che annuncia la partnership Aquafil-Levi's, non vi sarà sufficiente terra disponibile per soddisfare la domanda di cotone, la principale materia per la realizzazione del denim. Per continuare ad essere un'azienda di successo in un mondo con risorse sempre più limitate, Levi's ha quindi deciso di puntare su capi d'abbigliamento a cicli chiusi, aprendo la strada all'utilizzo di fibre alternative alle materie prime tradizionali.

«Noi immaginiamo un mondo nel quale la produzione degli oggetti di uso quotidiano non vada a scapito dell'ambiente - sottolinea Bonazzi - Questa nuova partnership è un'ulteriore prova che i materiali sostenibili possono essere utilizzati per rinnovare prodotti che sono sempre stati realizzati in maniera tradizionale». Aquafil chiude il 2015 con un fatturato stabile a 500 milioni di euro, frutto della combinazione tra aumento dei volumi venduti e diminuzione dei prezzi. «Le vendite sono in forte crescita nell'area Asia-Pacifico - precisa Bonazzi, appena tornato dalla fiera China Floor - In Europa si confermano i volumi, mentre vanno meno bene gli Stati Uniti».

I risultati sono sostenuti da un ampio programma di investimenti in nuova capacità produttiva: 17 milioni nel 2015, 30 previsti quest'anno con ampliamenti produttivi dalla Cina alla Slovenia all'Italia, Arco compresa. Un programma che però è stato finanziato meno con il tradizionale canale delle banche e molto di più attraverso investitori non bancari. In pochi mesi i fondi di investimento hanno apportato alle casse del gruppo di Arco qualcosa come 115 milioni. La scorsa estate l'azienda arcense ha emesso un maxi-bond da 50 milioni sottoscritto dal colosso finanziario-assicurativo statunitense Prudential Financial.

A novembre è stata la volta del Fondo Strategico Trentino Alto Adige, che ha investito nel minibond Aquafil da 5 milioni. Nelle scorse settimane Three Hills Capital Partners, fondo britannico fondato da manager italiani, ha investito in Aquafil, o più precisamente nella controllante Aquafin Capital, 60 milioni (35 diretti, il resto apportato da altri investitori). Three Hills aveva già investito in Aquafil 22 milioni nel 2014, insieme alla Finanziaria Trentina che aveva messo 8 milioni. Con il nuovo investimento in capitale, l'assemblea straordinaria di Aquafin Capital ha nominato in cda il manager Three Hills Michele Prencipe e il general manager della Julon, la controllata slovena di Aquafil, Edi Kraus , che si aggiungono a Bonazzi, al fondatore di Three Hills Mauro Moretti e al direttore finanziario del gruppo Adriano Vivaldi . La multinazionale trentina ha 16 stabilimenti nel mondo con oltre 2.700 addetti, di cui 800 in Trentino. Gli apporti dei fondi hanno consentito di diversificare i finanziamenti, riducendo il debito bancario. Ma è tutto l'indebitamento che è in calo: sotto i 160 milioni dai 162 del 2014.

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