Credito cooperativo, il governo vara la riforma I «giganti» potranno evitare la holding nazionale

Varata dal governo l'attesa riforma che riguarda anche il mondo del credito cooperativo. Fino al'ultimo al'linterno del consiglio dei ministri svoltosi ieri notte ci sono stati contrasti, con qualche esponente dell'esecutivo che si faceva interprete delle resistenze di qualche territorio al'ipotesi di nascita di una holding unica nazionale a garanzia del sistema.

Alla fine è confermato che le Bcc saranno sotto una holding unica ma chi non vorrà aderire avrà il suo paracadute di uscita, l'accordo Ue sulle garanzie diventa legge, le vendite all'asta fallimentari saranno meno care e le norme per gli indennizzi ai risparmiatori arriveranno nei prossimi giorni.

Il sì della Ue alla «bad bank» consentirà alla trentina  Cassa Centrale Banc di mettere in moto il piano di drastica riduzione delle sofferenze delle Casse rurali.

Dopo un cdm durato tre ore il governo vara nella notte il nuovo decreto banche, asciugato rispetto alle attese, e la riforma del settore cooperativo vede finalmente la luce, alla fine di mesi di frenate e modifiche con il governo che accoglie una delle proposte avanzate da alcuni segmenti della cooperazione critici del provvedimento.

Sulla creazione di una unica holding capogruppo i trentini avevano ceduto, ma resistenze pare ci siano in altre regioni, così come sulla questione della perdita delle riserve da parte degli istituti che decidessero di rimanere fuori.

Sul fronte delle Bcc alla fine quindi la mediazione fa salva la creazione di un grande gruppo cooperativo con una massa critica che possa andare "nella direzione del consolidamento" auspicata dal premier più volte mantenendo "un modello, quello delle Bcc, che non va buttato tutto via, va difeso ma anche protetto".

Le banche quindi saranno "libere di non aderire" alla holding e rimanere cooperative o spa a patto però che abbiamo una soglia minima di patrimonio di 200 milioni di euro e che versino, per poter mantenere le riserve (ora formalmente pubbliche) all'erario il 20%.

Attualmente, come ricorda il ministro Padoan, sono circa una decina che corrispondono a questo identikit ma non è detto che tutti scelgano di stare fuori dalla nuova holding.

La Bcc fuori holding, però, non può però continuare ad operare come banca di credito cooperativo e deve deliberare la sua trasformazione in spa. In alternativa è prevista la liquidazione. La società capogruppo svolge attività di direzione e di coordinamento sulle Bcc in base ad accordi contrattuali chiamati "contratti di coesione". Il contratto di coesione indica disciplina e poteri della capogruppo sulla singola banca. I poteri saranno più o meno stringenti a seconda del grado di rischiosità della singola banca misurato sulla base di parametri oggettivamente individuati.

La maggioranza del capitale della capogruppo è detenuto dalle Bcc del gruppo. Il resto del capitale potrà essere detenuto da soggetti omologhi (gruppi cooperativi bancari europei, fondazioni) o destinato al mercato dei capitali. Con lo scopo di favorire la patrimonializzazione delle singole Bcc è stato elevato il limite massimo dell'investimento in azioni di una banca di credito cooperativo e il numero minimo dei soci. La capogruppo potrà sottoscrivere azioni di finanziamento (di cui all'articolo 2526 del codice civile) per contribuire al rafforzamento patrimoniale delle Bcc, anche in situazioni diverse dall'inadeguatezza patrimoniale o dall'amministrazione straordinaria. Il decreto prevede delle disposizioni transitorie: la banca che intende assumere il ruolo di capogruppo deve trasmettere la relativa comunicazione alla Banca d'Italia entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione della stessa Banca d'Italia.

Il contratto di coesione è stipulato entro 90 giorni dalla conclusione degli accertamenti di Banca d'Italia. Sono previsti 60 mesi dall'entrata in vigore della legge per l'adeguamento da parte delle Bcc al nuovo numero minimo di soci

Il governo invece non ha accolto l'idea di consentire agli istituti la trasformazione in popolari contenuta nel progetto di autoriforma.

Sulle popolari infatti il premier ha ribadito come l'azione del governo punta a non crearne di nuove ma di aggregarne.

"Ci auguriamo" che la riforma delle banche popolari "sia recepita nel modo più intelligente e innovativo possibile dai singoli soggetti delle banche popolari, spero possano rapidamente fondersi, unirsi, aggregarsi, nel rispetto della loro autonomia".

E oltre alle Bcc l'esecutivo punta a rafforzare il sistema bancario, velocizzando la cessione dei crediti.

"Le vendite all'asta saranno per tutto il 2016 esenti dall'imposta di registro, vale più di 200 milioni ed è un messaggio per semplificare la questione dei crediti incagliati". In seguito arriverà, attraverso un ddl approvato stasera, anche il riordino complessivo del diritto fallimentare.

"Il sistema italiano è solido, non è il più preoccupante del mondo, sono molto più preoccupato per banche di altri paesi anche più solidi dell'Italia anche perché una crisi del sistema bancario, ad esempio, in Germania ha certo effetti anche da noi" ha detto il premier.

Un risultato giunto al termine di un confronto dentro all'esecutivo con alcuni ministri che si sono impuntati contro l'ipotesi prospettata in extremis ieri sera di creare più gruppi, tornando allo schema originale proposto nell'autoriforma. Per la parte degli indennizzi invece si è deciso di andare avanti, come nelle attese, con i semplici decreti previsti dalla legge di stabilità e non più con un decreto legge. "Non c'è nessun rinvio" - ha chiosato il premier, le misure previste "per i rimborsi delle persone che verranno riconosciute come truffate dall'arbitrato sono sostanzialmente pronte e arriveranno a giorni".

 

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