Scandalo Volkswagen, in Italia un milione le auto a rischio

Lo scandalo dei test truccati da Volkswagen alza la bufera sulla Commissione europea e i governi nazionali, avvisati dei dati falsati sulle emissioni rilevati da alcuni ricercatori. E la casa automobilistica annuncia un piano gratuito per intervenire sugli 11 milioni di auto coinvolte nel «Dieselgate», che in Italia potrebbero ad arrivare al milione. «Una previsione di massima indica circa un milione di veicoli coinvolti. Sono in corso controlli per verificare il danno provocato anche in Italia», spiega il viceministro ai Trasporti Riccardo Nencini, evidenziando che si parla delle «auto diesel vendute in Italia dal 2008 al 2015 da Volkswagen. Sono in corso controlli per capire quante di queste siano state truccate. E riguarderanno anche altri marchi».

Il Dieselgate partito negli Usa, dove i controlli hanno portato Vw a confessare l'uso di un software che truccava le emissioni di auto diesel del gruppo, rischia di sollevare il classico rimpallo delle responsabilità fra Ue e stati membri. Sul Financial Times spunta un rapporto datato 2013, due anni prima dello scandalo di questa settimana, del Joint Research Centre della Commissione europea che «avvertiva del pericolo dei defeat device», il software usato da Volkswagen per falsare i test, messo al bando in Europa nel 2007.

Ma un portavoce della Commissione spiega che i ricercatori «misurarono le emissioni» senza avere alcun accesso ai motori e al loro software, prerogativa che spetta alle autorità nazionali, che arrivarono alla conclusione (non nuova) che i test in laboratori sono molto più rassicuranti di quelli su strada (questa discrepanza ha contribuito a rendere obbligatori i test su strada in Europa a partire da gennaio 2016). E, soprattutto, che il monitoraggio delle auto «non spetta alla Commissione: è fatto dalle autorità degli Stati membri».
Una forte discrepanza fra i test avrebbe potuto far suonare il campanello d'allarme, che non suonò. Ma i risultati della ricerca «incriminata» dal Ft furono pubblicati su Internet e pare difficile che gli Stati membri ne fossero all'oscuro.

Interpellato su questo punto, Nencini ricorda che «nel 2013 non ero neanche al ministero». Spiega, invece, che essendo i proprietari di automobili Volkswagen truccate vittime di «una truffa», di ciò si dovrà tener conto nel valutare le conseguenze su di loro. Se ciò comporti la possibilità di una rivalsa verso la casa di Wolfsburg, dipenderà anche dal comportamento della Volkswagen. Che in questi giorni è stata celere, procedendo venerdì alla nomina di un nuovo amministratore delegato, Matthias Mueller e a una riorganizzazione del management.

L'Italia potrebbe fare come la Svizzera, bloccare le vendite dei veicoli sospetti, ma anche qui il viceministro non si sbilancia: «Attendiamo dati dal ministero dei trasporti tedesco sui modelli coinvolti», e «fatta la verifica, prenderemo le decisioni del caso». La Germania ha stimato 2,8 milioni di vetture truccate nel Paese e 11 milioni su scala mondiale, e ha fatto sapere che oltre ai motori a 2 e 1.4 litri, anche la cilindrata 1.2 ha utilizzato il «defeat device» incriminato negli Usa. «Il quadro pare si stia allargando anche a modelli di cilindrata più bassa», conferma Nencini.
Un'incertezza su cui Berlino sta cercando di far luce: il Dieselgate ha assestato un «colpo molto duro alla fiducia» dice il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan che teme «conseguenze, mi auguro limitate, anche perché a catena ci potrebbero essere effetti sull'industria italiana». Intanto lo scandalo fa accelerare la caduta del progetto - già tramontato - di Volkswagen con Suzuki sulle auto ibride: il gruppo giapponese ha venduto alla controllante Porsche l'1,5% rimanente che aveva nel capitale di Volkswagen.

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