La tempesta cinese si abbatte sulle Borse

Giornata pesantissima per tutte le Borse europee: l’indice Stoxx 600, che fotografa l’andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, ha ceduto il 5,39%, che equivale a 411 miliardi di euro di capitalizzazione «bruciati» in una seduta

Giornata pesantissima per tutte le Borse europee: l’indice Stoxx 600, che fotografa l’andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, ha ceduto il 5,39%, che equivale a 411 miliardi di euro di capitalizzazione «bruciati» in una seduta.

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Affossata dall’esplosione della «bolla cinese» è stata una giornata pesantissima per la Borsa di Milano, in linea con le altre piazze europee: l’indice Ftse Mib ha chiuso in perdita del 5,96% a 20.450 punti, l’Ftse All share in calo del 5,70% a quota 22.046.

Molto male tutti i settori, segno che la debolezza è strutturale del mercato, con alcune blue chip che comunque hanno pagato moto duramente: Tenaris ha perso il 9,6%, Eni il 7,9%, Fca il 7,7%, Mps il 7%. Molto male anche le altre banche: Unicredit -6,2%, Intesa -6,1%.
Deboli inoltre Telecom (-5,3%) e Generali (-5,1%) mentre hanno tenuto Pirelli, Ansaldo e Wdf, che hanno chiuso con ribassi inferiori al punto percentuale. Nel paniere a minore capitalizzazione la Lazio si è mossa in controcorrente con un rialzo finale del 2,3%, seguita da Parmalat (+1,2%).

Regge lo spread tra il Btp e il Bund tedesco nonostante lo tsunami che ha travolto le Borse mondiali.
Il differenziale di rendimento archivia la seduta a 131 punti base col tasso sul decennale all’1,89%.

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AGGIORNAMENTO ORE 16.41 - Chiusura molto pesante per la Borsa di Atene, coinvolta nella tempesta che ha colpito i mercati mondiali: l’indice principale ha ceduto il 10,5% finale. Male anche i titoli di Stato: il bond a due anni registra una crescita dei rendimenti di 145 punti base al 12,9%, quello a 10 anni di 20 «basis point» a un tasso del 9,5%.

AGGIORNAMENTO ORE 16.15 - La Borsa di Milano, in linea con le principali europee, dopo la tempesta di vendite tenta di contenere il crollo: l’indice Ftse Mib, dopo aver toccato un picco di calo oltre il 7%, ora cede il 5% con tutti i titoli principali tornati agli scambi normali, con Tenaris il peggiore in ribasso dell’8,5%. Tengono Pirelli, Ansaldo e Wdf.

AGGIORNAMENTO ORE 16.10 - Wall Street riduce il calo. Il Dow Jones perde il 3,01% a 15.964,37 punti, il Nasdaq cede il 3,68% a 4.536,48 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno il 3,23% a 1.903,80 punti.

AGGIORNAMENTO ORE 15.51 - Lunedì nero per Wall Street. Dopo la peggiore settimana dal 2011 in cui solo i titoli sullo S&P 500 hanno bruciato 1.100 miliardi di dollari di capitalizzazione, il calo continua sulla scia dei timori sulla Cina. Il calo riguarda tutti i settori. Ford perde il 5,30%, Netflix l’8,93% e Citigroup il 4,94%.

AGGIORNAMENTO ORE 15.51 - Per le Borse europee questo lunedì nero sta per ora segnando il peggior calo dal fallimento di Lehman Brothers: l’indice Stoxx 600, che fotografa l’andamento dei principali titoli quotati sui listini del Vecchio continente, cede oltre il 7%, con Parigi la peggiore in calo dell’8%, seguita da Milano e Madrid. Atene perde l’11%.

AGGIORNAMENTO ORE 15.49

AGGIORNAMENTO ORE 15.45 - L’avvio pesantissimo di Wall Street ha ampliato ancora le vendite sulle Borse europee e anche a Milano: in Piazza Affari l’indice Ftse Mib cede oltre il 7%, in linea con Parigi e Madrid, con l’ennesima raffica di sospensioni tra i titoli principali.

AGGIORNAMENTO ORE 15.36 - Il Dow Jones accentua il calo, e arriva a perdere pochi minuti dopo l'apertura, oltre il 6% lasciando sul terreno più di 900 punti.

AGGIORNAMENTO ORE 15.33 - Wall Street affonda in apertura. Il Dow Jones perde il 2,94% a 16.976,79 punti, il Nasdaq cede l’8,42% a 4.313,04 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno il 3,1% a 1.910 punti.

AGGIORNAMENTO ORE 15.30 - In Piazza Affari al calo del 6% dell’Ftse Mib corrisponde la sospensione in asta di volatilità di oltre metà del listino principale: lo stop è scattato tra gli altri titoli per Fca, Intesa, Eni, Unicredit, Generali e Mps. Tra i gruppi ancora in contrattazione Yoox cede il 9%, Tenaris l’8%, mentre tengono Pirelli, Ansaldo e Wdf.


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Il caso Cina strapazza le borse asiatiche, con un effetto domino difficile da contenere. La settimana scorsa è stata di autentica passione, quella che si apre oggi promette di essere addirittura peggio. Sulla Borsa di Shanghai l’ondata di vendite a portato il listino a perderel’8,45% a 3,211.21, trascinando tutti i listini asiatici. L’Hang Seng China Enterprises Index ha perso il 6,7 per cento, il peggior risultato dal 2009. L’indice Taiex di Taiwan ha ceduto il 7,5 per cento. PetroChina Co., la più grande azienda cinese per valore di mercato, è crollata in Borsa dell’8,4%, Icbc del 7,7 per cento. E i timori sulla tenuta dei mercati finanziari e dell’economia della Cina e l’indebolimento del dollaro sullo yen, intorno a 120, affondano la Borsa di Tokyo che cede il 4,61%, vicino al minimo intraday prossimo al 5%.
L’indice Nikkei brucia 895,15 punti e scende sotto quota 19.000 per la prima volta da metà marzo, fino a 18.540,68.

La crisi delle valute nei paesi emergenti, in particolare i timori per l’economia cinese, e nuovo scossone nelle quotazioni del petrolio (sotto i 45 dollari per la prima volta dal 2009) si riflettono anche sui mercati azionari europei: Londra cede il 2,13%, Parigi il 2,17%, Francoforte il 2,18%, Madrid il 2,04 per cento. È comunque un mercato da Orso e l’indice Euro Stoxx apre la sua peggior settimana negli ultimi 4 anni. Piazza Affari prosegue in deciso calo, con il Ftse Mib in ribasso del 2,78%, la seduta. Pesante calo per il listino di Atene con l’indice di riferimento che cede il 4,2 per cento.

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Ecco le variabili che alimentano la «tempesta perfetta» estiva che parte dalla Cina.

Pil dragone
Per anni il Pil dell’ex Cina Popolare ha corso a due cifre finché quest’anno si è fermato a un +7%. Ma gli analisti sospettano che il dato dell’ufficio nazionale di Statistica non sia corretto e i cinesi nascondano la verità sul reale stato di salute della loro economia. A confermare i sospetti, all’inizio di agosto l’indice manifatturiero cinese (il China Manufacturing Purchasing Managers, pubblicato dalla rivista Caixin) è sceso 47,1 ai minimi da due anni, un dato che conferma una contrazione dell’economia. Secondo l’agenzia Moody’s il rallentamento dell’economia cinese proseguirà con un Pil del 6,8% per quest’anno, un 6,5% per il 2016 e un 6% atteso per fine decennio.

Svalutazione yuan
Per sostenere l’economia il governo cinese è intervenuto con una mossa classica, svalutare la moneta nazionale per spingere i prodotti cinesi sui mercati esteri. Di fatto, a sorpresa nel giro di poco tempo, la Banca Centrale Cinese ha svalutato per tre volte lo yuan mettendo in allarme i mercati mondiali. Ora la Peoplès Bank of China ha fissato la parità del cambio con il dollaro a 6,3975. Il rischio è che si apra una guerra delle valute.

Incertezza tassi Usa
La decisione a sorpresa della Banca Centrale Europea sullo yuan ha messo in stand-by la Fed da cui si aspettava per il prossimo mese un rialzo dei tassi e quindi un rafforzamento del dollaro. L’incertezza della banca centrale americana (la Fed) crea nervosismo e condiziona le decisioni della Bce che attendeva una mossa dalla Yellen per calibrare la sua politica monetaria.

Petrolio ai minimi
Premesso che in Italia la benzina non scende come dovrebbe, il prezzo del petrolio sta affondando.
Oggi è arrivato ai livelli più bassi dal 2009. Dopo il crollo di venerdì a New York, l’oro nero è sceso sotto i 40 dollari al barile, il tonfo si è replicato questa mattina a Londra con il Brent sceso sotto i 45 dollari al barile, per la prima volta al 2009. A pesare è la scelta dell’Iran di aumentare la produzione di petrolio nonostante il surplus. La decisione di Theran è determinata dalla volontà di mantenere le proprie quote di mercato. Con il petrolio stanno crollando anche i prezzi delle materie prime. Oro escluso, che con un valore di 1.158 dollari a oncia conferma nella tempesta il proprio ruolo di bene rifugio, isola esentasse di tutti i Paperoni previdenti.

Grecia
Con il sì dell’Eurogruppo del terzo piano di salvataggio sembrava di essere usciti dal dramma greco. Ma gli Dei sono invidiosi e gli Achei preparano sempre regali pericolosi. Le dimissioni di Tsipras e la necessità di formare un nuovo governo rischiano di rimettere un’altra volta tutto in discussione. Fiato sospeso sugli spread che finora hanno retto meglio delle borse. Secondo gli esperti la mossa di Tsipras potrebbe essere stata giusta e il giovane leader di Syriza può uscire rafforzato dalle nuove elezioni. Un solo obbligo: fare in fretta.

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