Confidi, il presidente Battista Polonioli si è dimesso questo pomeriggio

«È stata un’esperienza importante. Abbiamo cercato in tutti i modi di stare vicini alle imprese trentine, soprattutto a quelle finanziariamente più deboli». Dopo le delibere di fusione approvate dai due consorzi, il percorso verso l’incorporazione di Confidimpresa nella Cooperativa artigiana di garanzia procede a tappe forzate con l’obiettivo di rispettare la scadenza del 31 dicembre.
Oggi pomeriggio, durante la riunione del consiglio di amministrazione di Confidi, il presidente Battista Polonioli, titolare dell’hotel Villa Madruzzo, ha deciso di dimettersi.

«È finito il mio mandato» ha confidato a qualcuno nei giorni scorsi. E quasi certamente non si riferiva soltanto alla presidenza di Trento Fiere, l’ente espositivo cittadino che la Provincia vuole inglobare in Patrimonio del Trentino anche per mettere le mani sul comparto di via Briamasco da «girare» poi all’Università, di cui Polonioli è pure presidente.

Polonioli com’è la situazione attuale in Confidimpresa?
Lascio un consorzio risanato che, dopo l’approvazione del progetto di fusione, ha un futuro ben delineato. Da gennaio ad oggi con il nuovo direttore è stato realizzato un importante percorso per sistemare i conti. Progetto che si è realizzato anche grazie alle risorse della Provincia, questo è innegabile. Uno degli impegni presi era quello di ridurre il «deteriorato»: dalla fine di dicembre ad ora abbiamo abbassato la quota da 77 a circa 70 milioni.

Lei sostiene che la situazione è stata risanata, ma l’ultimo anno e mezzo è stato probabilmente il più difficile in tutta la storia del consorzio.
Il problema è che la crisi in Trentino è arrivata in ritardo rispetto al resto d’Italia, ma è esplosa contemporaneamente in tutti i settori. E siccome noi, a differenza delle banche le nostre garanzie non le possiamo ritirare pena la messa in crisi delle aziende garantite e delle stesse banche, ci siamo trovati invischiati in parecchie situazioni problematiche. A questo dobbiamo poi aggiungere il fatto che le nostre quote e riserve, pari a 26 milioni di euro, sono state computate dalla Banca d’Italia a fini di patrimonio di vigilanza a soli 9 milioni, e questo ha messo a repentaglio la nostra possibilità di operare.

Così siete stati costretti a bloccare le nuove garanzie sui prestiti.
È stata una decisione sofferta ma necessaria. Dall’altra parte siamo stati costretti ad andare alla ricerca di soluzioni per aumentare il capitale e poter tornare ad operare. Da qui nasce il supporto di Cooperfidi con i 4 milioni già versati come socio sovventore e il milione che arriverà a fusione avvenuta.

Rispetto alla sua gestione c’è qualche recriminazione?
Abbiamo sempre cercato di essere vicino alle imprese. Fino a poco tempo fa noi, a differenza di altri, non ponevamo limite al valore delle garanzie. L’avessimo fatto probabilmente non saremmo in questa situazione, ma d’altro canto se ci fossimo rifiutati non avremmo svolto il nostro ruolo a sostegno delle imprese e dell’economia trentina. Ora i limiti sono 500 mila euro per un’azienda singola, 1 milione per un gruppo, con importi ridotti se si tratta di società in qualche modo legate ai consiglieri di amministrazione.

La fusione comporterà la perdita di qualche posto di lavoro?
Si tratta di una questione che si sta definendo assieme ai sindacati, ma di sicuro risorse umane importanti non devono andare perse.

Al termine di questa esperienza cosa le resta?
È stata un’avventura importante, molto positiva dal punto di vista umano. Certo, sono arrivato nel momento più sbagliato e quando devi tagliare i massimali di garanzia è chiaro che nascono contrasti, anche forti. In questo periodo ho sempre sentito la responsabilità di aiutare le imprese che finanziariamente erano più fragili.

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