Vecchioni a Trento il 24 aprile «Il mio Infinito, un inno alla vita»

di Fabio De Santi

A cinque anni dall’ultimo cd, «Io non appartengo più», Roberto Vecchioni è tornato con  «L’infinito», per noi uno dei dischi più intensi della sua produzione, al centro dello spettacolo che terrà il 24 aprile in un Auditorium esaurito da giorni. Il disco vede il ritorno di Francesco Guccini nel duetto di «Ti insegnerò a volare».

Vecchioni, lei ha definito il suo album come una sola canzone divisa in dodici momenti: si può parlare di un concept?

«Ho pensato e realizzato questo lavoro come fosse una suite, un concept album. Il concetto alla base del disco è legato al bisogno di amare la vita comunque sia. Tutte le canzoni parlano di questo tema sia in chiave di libertà, di amore, di patriottismo, di felicità e soprattutto anche di dolore. La vita va amata nonostante e per tutte queste cose».

Oltre la vita c’è quell’Infinito che lei ha scelto come titolo.

«L’Infinito che voglio raccontare è quasi una perorazione per un infinito che tutti abbiamo dentro di noi e non fuori, non oltre la siepe. Le cose che abbiamo dentro le dobbiamo scoprire tutte e sono forse molte di più di quelle dell’universo. L’esempio è proprio in Giacomo Leopardi che nell’ultima parte della sua esistenza si accorge, quando si trova a Napoli, che la vita non è tutta orrore e per questo una delle canzoni centrali del disco è dedicata al grande poeta».

Dal punto di vista dei suoni come descriverebbe questo lavoro?

«Mi rende orgoglioso il fatto che ogni canzone sia diversa dall’altra. Ho trovato molta ispirazione nelle musiche popolari italiane, inglese e francesi ma ci sono anche ritmi più antichi e medioevali. Per questo album ho voluto prima cantare ogni brano e poi suonarlo in modo da portare i musicisti sulle mie note».

Come ha convinto Francesco Guccini a cantare con lei nel brano dedicato al campione Alex Zanardi?

«Questa per me è stata una sorta di scommessa: con Francesco siamo amici da tempo e in passato avremmo potuto già fare qualcosa insieme. Oggi però è stanco, con poca voglia di cantare e quindi avevo davvero poche probabilità. Però mi sono giocato bene le mie carte, facendogli ascoltare parte del disco che gli è piaciuto così tanto da onorarmi di farne parte».

Guccini non si propone più on stage ma lei ha ancora tanta energia: cosa la diverte nel salire su un palco, nell’incontrare la gente?

«Il palco è una continua conferma di vita. Non che il mio quotidiano mi annoi, di cose da fare ne ho tantissime, però il concerto è uno dei momenti più sinceri della vita, in cui fai emergere tutto quello che hai dentro. Nei teatri soprattutto c’è una comunicazione spirituale con il pubblico che per me è pura gratificazione».

Perché «L’infinito» anche in vinile?

«La mia è una scelta di romanticismo puro, di passione, io sono un uomo nato e cresciuto con il vinile. Le canzoni di questo lavoro hanno uno spirito legato agli anni ‘70, hanno quel senso di ballata di quel periodo unico in cui la musica era a 33 o a 45 giri».

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