L'intervista al leggendario bluesman John Mayall live i 28 marzo a Trento

di Fabio De Santi

La sigla che accompagna una leggende del rock come John Mayall è quella di “The Godfather of British Blues”. In realtà, come ci racconta il musicista inglese questa intervista, John Mayall della sua Manchester ha ormai solo un lontano ricordo perché vive dagli anni ‘60 sotto il sole della California. Una terra che ha ispirato anche il suo nuovo album “Nobody Told Me”,uscito lo scorso 23 febbraio, e che farà da volano per il tour europeo che approderà il 28 marzo all’Auditorium di Trento.

Mayall, iniziamo dal suo nuovo disco: cosa ci può raccontare di questo album?

““Nobody Told Me” è un album che rispecchia in pieno quello che sono oggi. Sono stato fortunato che tutti i chitarristi ospiti, come Joe Bonamassa, Carolyn Wonderland, Todd Rundgren e Stevie Van Zand,t abbiano messo a disposizione volentieri il loro talento per realizzare questo lavoro. Devo ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alla nascita di un disco che reputo veramente eccellente”.

Un lavoro on il quale lei festeggia i suoi 85 anni: che effetto le fa?

“L'età non è un argomento scottante per me finché ho tutta l'energia che ci vuole per dare una buona musica al pubblico che assistente ai miei concerti e ascolta le mie produzioni. Non ho mai dato peso agli anni e credo sia anche merito della passione per quello che faccio”.

Cosa la spinge ancora ad affrontare un tour?

“Come dicevo amo la mia musica, amo i miei fans e il loro entusiasmo e finché sarò in grado di offrire uno show all’altezza non ho alcune intenzione di smettere”.

Che tipo di live set ha preparato per questa occasione?

“Suoniamo una set list diversa ogni serata, dato che ho talmente tanti brani a scelta ogni concerto è differente”.

Le pesa essere considerato una leggenda del blues rock?

“Assolutamente no – sorride il chitarrista inglese (n.d.r.) - mi pare di essermi guadagnato questo ruolo”.

 Il suo maggior rimpianto dal punto di vista artistico…se esiste?

Non ho rimpianti, ho vissuto una vita belle e intensa grazie anche alla musica. Anche oggi amo quello che sto facendo e non desidero cambiare niente”.

Che consiglio darebbe ad un giovane musicista che si avvicina al blues?

“Impara tutto quello che riesci ad imparare e poi cerca di fare la tua strada ascoltando i consigli degli altri senza però rinunciare alla tua identità”.

Come vede la sua Manchester in tempi di Brexit?

“Guardo la mia terra con un certo distacco: ho lasciato Manchester nel 1962 e ho trascorso in California per più della metà della mia vita. In Inghilterra ho lasciato solo degli amici e ovviamente tanti ricordi di gioventù”.

Qual è il suo rapporto con l’Italia?

“Splendido: l pubblico italiano è sempre molto entusiasta e si diverte ascoltando i miei pezzi. Vengo sempre molto volentieri a suonare nel vostro Paese”.

 

 

 

 

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