Gli Afterhours domani ad Arco «Folfiri, uno schiaffo alle coscienze»

di Fabio De Santi

Sono trent’anni, trenta, che gli Afterhours diffondono i loro «germi» (uno dei loro dischi più ispirati) nella scena musicale alternativa italiana. Prima i lavori in inglese, poi la scelta dell’italiano che ha consacrato la poetica di Manuel Agnelli album dopo album fino all’ultimo Folfiri o Folfox. Proprio gli Afterhours domani  (sabato 12 agosto) alle 21 saranno gli headliner dell’evento al Climbing Stadium di Arco organizzato da Fiabamusic e Sideout dove si presenteranno con la voce di Agnelli, il basso di Roberto Dell’Era, i chitarristi Xabier Iriondo e Stefano Pilia, il batterista Fabio Rondanini e il violinista Rodrigo D’Erasmo che abbiamo intervistato.

Rodrigo: trent’anni di Afterhours: che effetto ti fa?

Io ho vissuto solo l’ultima di queste tre decadi, e già dieci anni così intensi, in cui abbiamo fatto una quantità di cose impressionante, mi sembrano un’eternità. Le altre due decadi per me vivono nei racconti di Manuel e da appassionato che guardava da fuori l’universo Afterhours.

Questo tour allora è una sorta di celebrazione di questo traguardo: come avete studiato la scaletta?

Siamo partiti dall’idea di festeggiare, di festeggiarci, e di celebrare insieme al nostro pubblico questo bellissimo momento. Abbiamo provato una quantità enorme di brani cercando di essere il più esaustivi possibili nella scelta dei repertorio. Siamo partiti dai dischi in inglese fino ad arrivare a «Folfiri». Mi pare ne sia uscito un concerto molto narrativo che racconta molto di noi a livello storico, ma guarda anche al nostro presente, all’attualità del sound che abbiamo oggi.

Siete rimasti soddisfatti di come è stato accolto «Folfiri o Folfox»?

Direi che siamo andati oltre le nostre più rosee aspettative. Si tratta di un disco che è entrato piuttosto velocemente nei cuori e nell’immaginario dei nostri fan. Diversi pezzi sono amati e desiderati durante i live ed è li che hai il metro di quanto abbia inciso questo lavoro. All’interno del set, infatti, c’è una vera e propria «bolla» dedicata a «Folfiri o Folfox».   

C’è chi lo giudica un disco «cupo» quasi pessimista come testi.

A livello di sonorità una parte è piuttosto dark ed ombrosa. Per quanto riguarda le tematiche, però, credo sia un disco difficile sì, ma in maniera propositiva e non distruttiva. Non si tratta di un album negativo, ma piuttosto di un disco che vuole affrontare temi in maniera molto dura e cruda con l’intento di tirare uno schiaffone e di risvegliare le coscienze alla reazione e alla vitalità.

Che effetto ti ha fatto vedere Agnelli nei panni di giudice di X Factor?

Io ho lavorato con lui nella seconda fase del talent e quindi ho vissuto da dentro la sua esperienza. Devo dire che la prima volta che l’ho visto scendere le scale annunciato da Catellan e poi sedersi al tavolo sono rimasto spiazzato. Ma poi Manuel ci ha messo solo un quarto d’ora a farmi capire che era bravissimo a fare anche quello e che aveva già molto chiara e lucida la chiave d’interpretazione del suo ruolo. Credo che abbia saputo mantenere salvi e saldi i suoi principi, la sua visione, la sua estetica musicale ed artistica.  

Questo suo ruolo ha avuto ricadute sul pubblico che vi segue?

Credo che sia stata un’ulteriore spallata a quella parte di pubblico integralista e oltranzista che già all’epoca della nostra partecipazione a Sanremo ci aveva stressati. Ma la maggior parte dei fan ha capito la scelta di Manuel e ne è rimasta incuriosita.

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