Stasera con Capossela una danza di ombre

di Fabio De Santi

«Da molti anni, nei tour che seguono l’uscita di un disco, mi sforzo di mettere in scena l’immaginario dell’opera. È la grande possibilità dei concerti in teatro, realizzare la cosiddetta “sospensione dell’incredulità”.

In questo l’Ombra è la materia sostanziale, esistenziale, scenica dello spettacolo. Si tratta di abituarci al buio e finire in una specie di ipnosi, a metà tra veglia e sonno, che faccia affiorare in noi le creature che ci abitano. Che ci conduca nell’Ade, o nel buio di una silhouette, o nel rovescio di uno specchio, o in un bosco nella notte di plenilunio, o nei riflessi di una caverna». Sono queste le parole con cui Vinicio Capossela ha presentato il suo nuovo tour Ombra canzoni della cupa e altri spaventi che farà tappa questa sera all’Auditorium S.Chiara (ore 21; una ventina i biglietti ancora disponibili).
 
Quello di Vinicio Capossela si annuncia come in live suggestivo dalle forme teatrali legate appunto all’immaginario dell’Ombra e con cui l’artista porta nei teatri d’Italia la seconda parte del suo ultimo album Canzoni della Cupa e brani di repertorio legati a doppio filo all’immaginario oscuro e misterioso dell’Ombra. «Al mio fianco - racconta Vinicio - ci sarà un gruppo musicale dalla timbrica ombrosa, corde di violino, onde elettromagnetiche, membrane di tamburo. Nel foyer sarà anche disponibile una cabina per chi voglia farsi fotografare l’ombra dal viso, la parte evanescente di noi stessi, la più misteriosa e nostra. E soprattutto ci sarà il racconto che, sia pure in forma frammentata, genera in noi le più ampie ombre».

A Trento, Capossela è sempre stato accolto da sold out e anche in questa occasione c’è da attendersi il pienone all’Auditorium per uno spettacolo che si annuncia decisamente curioso.    

La scorsa estate Capossela aveva portato in tour una parte del disco ed ora tocca alla seconda: «Canzoni della cupa» è un lavoro doppio. «È fatto di due dischi, Polvere e Ombra, che è un po’ quello di cui è fatto l’essere umano. Negli spazi aperti, la scorsa estate abbiamo messo sul palco la Polvere. Abbiamo cominciato il primo maggio con i Calexico, tamburi cupa-cupa di Tricarico, chitarre e voci di “femmine” come Enza Pagliara, in una scenografia fatta di stoppie di grano». Ma ora è tempo di ombre, sottolinea ancora Capossela.

«Siamo nella stagione invernale, al chiuso del teatro. La scenografia è fatta dalle Ombre di Anusc Castiglioni e dalle luci di Loic Hamelin. Dai teli, dalle sagome, dai rami d’albero che nell’ombra possono diventare lupi. Dalla luce del plenilunio e dai riflessi del fuoco nella grotta. Dalle ombre che proiettiamo noi stessi. L’Ombra ci parla a più livelli. Per questo abbiamo diviso lo spettacolo in quattro quadri dove ci addentriamo nel selvatico, l’archetipo, lo specchio e il paese.  La band è diversa e anche il repertorio. Dove c’erano trombe ora ci sono violini, corde, tamburi a cornice, pianoforte con il ritorno del principe del Teremin Vincenzo Vasi».

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