Al Ciampac una Babele musicale

di Fabio De Santi

È affidata ai colori sonori della Barcelona Gipsy Balkan Orchestra la chiusura dei Suoni delle Dolomiti . La formazione spagnola - che unisce musicisti provenienti dalla Serbia, dalla Francia, dall'Ucraina, dall'Italia, dalla Grecia e, ovviamente, dalla Catalogna - sarà infatti in concerto venerdì alle 13 al Ciampac in val di Val di Fassa . I componenti della Barcelona Gipsy BalKan Orchestra rappresentano dunque una buona fetta d'Europa e la loro proposta musicale non può che essere ad ampio raggio. Il punto di partenza è dato dalle sonorità klezmer e gitane, quello di arrivo un meticciato sonoro che ingloba anche influenze della tradizione ebraica, aschenazita e sefardita. Un gioco di contaminazioni che ci raccontano in questa intervista:
Iniziamo dalle origini: com'è nata la vostra Orchestra?
«Il progetto della Barcelona Gipsy BalKan Orchestra nasce grazie alla particolare fertilità dell'ambiente cosmopolita barcellonese. Siamo nati quattro anni fa grazie ad un processo completamente disordinato e creativo, durante jam session di Gipsy Jazz, musica orientale e mediterranea, nonché in interminabili feste greche e turche nelle terrazze di Barcellona, cene etniche nelle campagne locali».
Quale obiettivo allora vi siete prefissati dal punto di vista musicale?
«La cosa interessante è che non ci siamo mai posti nessun tipo di obiettivo. Tutto il processo di incontro, produzione musicale e di arrangiamenti, composizione e sviluppo dell' empatia durante l'interpretazione dal vivo del concerto, è nata grazie a un processo naturale. Suonare, suonare e ancora suonare. Uno dei punti forti di questa orchestra è la grande qualità del concerto dal vivo. Tutti siamo musicisti che suonano molti stili e siamo assolutamente abituati all'improvvisazione. Fin da subito il progetto ha destato un grande interesse e il collettivo ha avuto la fortuna di poter suonare quasi due o tre volte ogni settimana. In questo modo si è sviluppata una complicità e una unione assolutamente speciale. Possiamo dire che l'obiettivo principale che ci siamo posti era semplicemente di compartire musica, repertorio e nuove sonorità».
Nel vostro gruppo si intrecciano musicisti di varie nazioni: una bella lezione di come si abbattono i confini in un momento così difficile.
«Sono d'accordo. Se aggiungiamo le collaborazioni degli artisti invitati in certi momenti ci siamo ritrovati a parlare quasi 10-11 lingue nei camerini. Sembrava di essere tornati alla torre di Babele. Ed era una sensazione bellissima vedere come all'interno di tanta diversità culturale e unione di popoli che anche storicamente sono sempre stati avversari o hanno manifestato una certa antipatia, insieme eravamo semplicemente tutti fratelli, tutti uniti dal grande amore e passione per la musica, il viaggio e la curiosità del diverso. È pur vero, che allo stesso tempo ognuno ha una maniera di pensare, valori assolutamente diversi. E quindi il processo lavorativo a volte può essere complicato ma per noi è una continua scoperta, storica, culturale e linguistica». 
Che effetto vi fa partecipare ad un concerto nel contesto dei Suoni delle Dolomiti e avete avuto esperienze simili in alta quota?
«Effettivamente è un'esperienza molto particolare e ci piace perché è una delle cose che non abbiamo mai fatto. Ci affascinano le cose nuove. È certo che abbiamo già suonato in montagna, nei Pirenei, ad Andorra, a Limone Piemonte o nelle montagne della Serbia, a Slatibor, però questo concerto ha qualcosa di diverso e magico». 
Qual è la cosa che vi diverte di più, che vi emoziona nel suonare dal vivo?
«Tutti noi siamo innamorati dei live. E il luogo dove la musica raggiunge la sua forza più grande. Non siamo soli a fare musica, ci nutriamo delle emozioni del pubblico, è un continuo feedback, dove il pubblico tiene una parte importantissima e insieme possiamo unire le nostre sinergie e creare qualcosa di unico».

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