Guerra, parole e note Cristicchi con il coro Pasubio

di Fabio De Santi

La barbarie della guerra e le sofferenze dei suoi caduti e di chi è rimasto a ricordare la loro memoria è al centro della rappresentazione Ci resta un nome, l’evento finale, la sera di domenica 21, alle 21.30 di Tra le Rocce e il Cielo nell’anfiteatro della Campana dei Caduti. Simone Cristicchi, cantante e attore, sarà al centro di questo momento particolare, fra musica e parole, durante il quale sarà accompagnato dal Coro Pasubio di Vallarsa, con il quale condividerà l’esecuzione di alcuni brani della tradizione alpina. Di «Ci resta un nome», proposto in prima assoluta, abbiamo parlato con il musicista romano.

Cristicchi, come ha preso forma «Ci resta un nome»?

«L’invito mi è arrivato da Paolo Fanini, che mi ha chiesto di creare un evento unico per questo festival insieme al Coro Pasubio sul tema della guerra. Così ho abbinato la mia ricerca sulle testimonianze legate alla Seconda guerra mondiale e anche alla Grande guerra a nuovo materiale».

Cosa proporrete allora?

«Ci saranno pezzi del mio repertorio tratti da “Li romani in Russia” e “Da mio nonno è morto in guerra” insieme a nuovi racconti che per la prima volta appunto porterò in scena in questo luogo così suggestivo».

Il tema è quello della guerra e i suoi caduti. Come lo hai affrontato?

«Nel raccogliere le testimonianze degli ultimi reduci ho sempre dato la priorità all’emozione, ho prediletto questo aspetto rispetto a quello più strettamente storico. I loro racconti, le loro parole, hanno uno spettro narrativo molto vasto, che vale spesso più di tanti libri di storia».

A volte, nel toccare questo argomento, si rischia di cadere nella retorica.

«Ho sempre voluto dare la voce agli ultimi, agli umili, alle storie di chi anche nei conflitti aveva il ruolo di “ultima ruota del carro”. Attraverso la loro voce, priva assolutamente di ogni retorica, ho sempre portato in scena spettacoli che rendono omaggio prima di tutto a chi ha perso la vita in guerra, a quelli che io amo chiamare “piccoli eroi sconosciuti” che per una sera diventano protagonisti sul palcoscenico come lo saranno alla Campana dei Caduti».

Ti stuzzica l’idea di interagire con il Coro Pasubio?

«Già con “Li romani in Russia” ho avuto modo di propormi in alcuni spettacoli nel Nord Italia con dei cori alpini ed è stato molto emozionante. Anche in questo caso penso si intreccerà la mia parlata, con tratti di dialetto romanesco, con questi canti che sanno di altura e di montagna. Un’unione di mondi lontani ma vicini nelle trincee».

Ora a cosa stai lavorando?

«Ad ottobre debutterà lo spettacolo “Il secondo figlio di Dio” che parla di Davide Lazzaretti, eretico vissuto nel 1800 in Toscana: una storia che prenderà forma con un melodramma fra parole e canti popolari».

Anche tu in fondo ti senti un po’ eretico?

«Più che eretico mi sento una persona curiosa, sempre alla ricerca di qualcosa. Quello che ho fatto ha sempre preso forma da questa grande curiosità verso il mondo e verso gli uomini».


Entrata gratuita. In caso di maltempo spettacolo al Teatro Zandonai, già esaurito.

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