Noi, bambini molto stanchi e senza sogni

Noi, bambini molto stanchi e senza sogni

di Fabio De Santi

Le sue favole sono un universo di pianeti curiosi e impertinenti, che rifiutano la logica, giocano con la morale, rovesciano le leggi della fisica e della sintassi. Eppure, come accade nella vita di tutti i giorni, i personaggi che li abitano si innamorano e si odiano, si parlano e non si capiscono, sono fragili e un po' spietati, ma soprattutto ridono molto, rimanendo serissimi.
Le favole sono quelle di Dente raccontate nel libro Favole per bambini molto stanchi che verranno presentate domani sera alla Bookique, dalle 21, nell'evento che aprirà la serie di appuntamenti in cartellone per «Trame in città» ideato e organizzato da Opera Universitaria di Trento con la collaborazione di Keller editore. Con Giuseppe Peveri , in arte Dente, emiliano di Fidenza, classe 1976 e considerato come uno dei più ispirati cantautori italiani di questo terzo millennio (ascoltatevi dischi come «L'amore non è bello», «Io tra di noi» e «Almanacco del giorno prima») abbiamo parlato delle sue «parole per bimbi più o meno grandi». 
Giuseppe, da dove l'esigenza di scrivere un libro?
«Non posso dire di avere avuto un impulso particolare per dare vita a queste pagine, ho solo scritto queste favole per divertimento personale e solo in un secondo momento ho pensato che potessero alla fine entrare in un libro».
Come mai hai scelto queste particolari favole?
«Come dicevo ho scritto per divertimento e per esercizio, mi piaceva l'idea di raccontare storie in poche righe, di sintetizzare sotto forma di favola breve azioni, storie, personaggi, vite ed altre emozioni».
Ma chi sono allora i bambini «molto stanchi» a cui ti rivolgi?
«Non ho pensato ad un possibile lettore "ideale" di queste pagine, quindi il libro non si rivolge a nessuno in particolare, mentre quei bambini molto stanchi siamo noi, sono gli adulti che non si ricordano di essere stati bambini, non si stupiscono più perché pensano di sapere tutto e hanno chiuso in un cassetto la fantasia». 
Quanto c'è del Giuseppe bambino in questa pagine?
«Tanto ma tanto ce n'è anche nella vita di tutti i giorni». 
Quali «emozioni» ti piacerebbe suscitare nel lettore che si immerge fra le tue strane favole?
«Ognuno è libero di vedere ciò che vuole, non ho scritto con uno scopo preciso. Come nella vita, ci si può fermare in superficie oppure scegliere di fermarsi e capire». 
Ma ti sei ispirato a qualche autore particolare nella scrittura?
«Come ti dicevo non pensando di scrivere un libro non ho pensato a uno stile o ad altri autori, come dicevo prima ho solo cercato di divertirmi». 
Come sono nate le illustrazioni che segnano il tuo libro? 
«Sono davvero felice di questa collaborazione e trovo che il lavoro di Franco Matticchio sia incredibile, il modo che ha di vedere e ribaltare la realtà è molto simile al mio, ci siamo trovati subito sulla stessa lunghezza d'onda. Quando ho visto i suoi lavori ho pensato che sarebbero stati perfetti per questo libro, così l'ho chiamato e così è stato».
Stai già pensando ad un altro libro, magari di racconti o un romanzo...?
«Mi piacerebbe ma per ora non sto lavorando a qualcosa che vada in questa direzione, credo che nei prossimi mesi tornerò a dedicarmi alla musica... almeno per qualche tempo».

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