Il Futurismo, Sarfatti e Marinetti in una nuova mostra

Filippo Tommaso Marinetti e Margherita Sarfatti, in un confronto «vis à vis» raccontano, nelle vesti di protagonisti, gli anni del Futurismo e del Novecento Italiano.

Figure di spicco nell’ambiente artistico sono entrambi consapevoli di quanto sia importante l’impatto comunicativo di giornali, fotografie, carta stampata e proprio per questo non esitano a mettersi, senza alcun timore, al centro della scena. Entrambi si contendono la ribalta culturale negli anni del regime fascista.

«Sarfatti, di formazione socialista e femminista,- scrive Nicoletta Boschiero curatrice della mostra Il Maestro e Margherita; Marinetti Sarfatti e il Futurismo negli anni di Regime che apre domani, 19 ottobre, a Casa Depero a Rovereto - e Marinetti propugnatore del futurismo, ognuno per il proprio verso, rivoluzionano il registro comunicativo della promozione delle arti». Con il gruppo ufficialmente riconosciuto come Novecento Italiano, la Sarfatti sarà presente alla Biennale di Venezia del 1924 mentre in quella successiva, del 1926, saranno invitati i Futuristi e del tutto esclusi i novecentesti.

Il percorso della mostra, allestita presso la Casa Futurista d’Arte Depero aperta fino al 24 febbraio e che completa l’esposizione allestita al Mart, ripercorre, attraverso l’esposizione di importanti documenti, quello che è stato l’impatto di queste due menti sulla cultura del tempo. Sono documenti che testimoniano la loro produzione artistica - Marinetti come poeta, scrittore e Margherita Sarfatti come critico d’arte scrittrice - ma anche la loro forte predisposizione al culto della persona.

Margherita Grassini nasce a Venezia nel 1880 da una facoltosa famiglia ebrea e a 18 anni sposa l’avvocato Cesare Sarfatti, con il quale si trasferirà a Milano, città culturalmente viva, prima a Brera e nel 1908, all’arrivo della cospicua eredità del padre in un sontuoso appartamento di corso Venezia. Parallelamente Marinetti, nato al Alessandria d’Egitto nel 1876, grazie alla sua indole esuberante e alle notevoli disponibilità economiche si inserisce senza difficoltà negli ambienti letterari milanesi e nella società altolocata. Con la pubblicazione del Manifesto del Futurismo nel 1909 si teorizza il concetto di velocità, movimento, guerra, patriottismo contro ogni forma di passatismo. In quegli anni i Futuristi Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo alternavano i loro incontri tra il salotto della Sarfatti, centro di intense relazioni, produzione letteraria e politica, situato in corso Venezia 95 e la vicina casa rossa di Marinetti in corso Venezia 61. Le poetiche dei due protagonisti, però, con il tempo presero strade diverse. Per la Sarfatti diventa imprescindibile il concetto di ordine e bellezza. Il suo interesse si sposta verso gli artisti novecentisti, espressione di una poetica indirizzata al principio di plasticità e armonia.

Il rapporto con Marinetti, dunque, assumerà sfumature diverse dopo la nascita di «Novecento» e non fu certo secondario il rapporto fra la Sarfatti e Benito Mussolini, giunto a Milano nel 1912 per dirigere l’«Avanti» di cui lei era collaboratrice. Ma anche Marinetti ha legami con il duce e con la Sarfatti si contende i favori. Nel 1919, ad esempio, promuove nelle città italiane a fianco di Mussolini, simpatizzante dei futuristi, prima di lui rivoluzionari e interventisti, la costituzione del Fasci italiani di combattimento.

Dai preziosi documenti appartenenti al Fondo Sarfatti, conservati nell’Archivo del ‘900 del Mart, e in parte esposti in mostra, è possibile cogliere alcune importanti sfumature. Nella collezione della Sarfatti, donna intraprendente, ambiziosa ed estremamente colta, non mancavano di certo i futuristi. Lo testimonia, ad esempio, una fotografia, dei primi anni dieci, che la ritrae nel suo studio: i quadri alle pareti portano la firma, fra gli altri, di Achille Funi, Umberto Boccioni, Luigi Russolo.

Sarà comunque sempre lei che nel 1926, farà acquistare alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma l’arazzo Guerra festa di Fortunato Depero, assieme all’arazzo d Ritmi di velocità e il rame sbalzato Il pellicano distratto, di Prampolini, opere di certo non in linea con il suo concetto di moderna classicità.
La Sarfatti aveva apprezzato l’arte di Depero in occasione delle III Biennale di Roma del 1924 e in particolare dell’opera conosciuta come Megafoni di bestemmie, divenuta nella versione successiva La rissa, aveva espresso un giudizio lusinghiero, definendo Depero il migliore dei futuristi.

«La mostra - spiega la curatrice - presenterà al primo piano la sezione dei documenti, fra i quali ritratti fotografici, libri, riviste, lettere, che ho voluto togliere dalle bacheche e proporre singolarmente incorniciati. Non dunque posti accanto all’opera, ma opere d’arte a loro volta, grazie alle quali il visitatore all’inizio del percorso conoscerà Marinetti e la Sarfatti. Al secondo piano invece una piccola sezione di opere futuriste presenti alla Biennale di Venezia del 1926, fra le quali Incendio in città di Gerardo Dottori, Impressioni di Bombardamento di Luigi Russolo, Numeri Innamorati di Giacomo Balla, ma anche La rissa e Fascismo di Fortunato Depero».
Il ricco catalogo, con carteggi inediti, documenti, fotografie rimarrà nel tempo un importante strumento di studio, un solido punto di partenza per successivi approfondimenti, un punto di riferimento per chi ha a cuore la ricerca.

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