Contro la violenza sulle donnne La Giornata e gli eventi al Mart

di Renzo Maria Grosselli

Il tema della violenza sulle donne, fino al femminicidio, entra in un museo d'arte contemporanea. Come il Mart di Rovereto. Che c'azzecca? È alla sua terza edizione il Progetto Falenablu, voluto da Valentina Musmeci, che consiste in un laboratorio artistico aperto a tutti coloro che abbiano sofferto situazioni di disagio e di violenza all'interno della loro coppia o della loro famiglia.

Un'iniziativa del tutto gratuita per chi ne ha voluto fruire e che ha assicurato anche l'anonimato degli aderenti. Nei giorni 6, 13 e 20 novembre presso l'area educazione del Mart si sono tenuti tre laboratori in cui i partecipanti hanno potuto cercare di portare avanti un lavoro su se stessi attraverso la manipolazione dell'argilla.

«Per acquisire una maggiore consapevolezza», spiegano gli organizzatori.

E il 25 novembre, proprio quando cade la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, si terrà alle 17 l'inaugurazione di una mostra delle opere realizzate all'interno di quei laboratori (aperta fino al 9 dicembre, dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 16 dal lunedì al venerdì, la domenica dalle 14.30 alle 17).

L'inaugurazione sarà preceduta da un seminario dal titolo «C'è chi dice no», che inizierà alle 14.30 nell'area di educazione del Mart, valido ai fini dell'aggiornamento per insegnanti delle scuole primarie e secondarie (prenotazioni ai numeri 0464/454108 e 454159). Prenderanno la parola Micaela Crisma, psicologa e psicoterapeuta, Marco Dallari ordinario di psicologia e scienze cognitive all'Università di Trento e Maura Misiti, ricercatrice e co-autrice con Serena Dandini dello spettacolo teatrale «Ferite a morte».

Proprio a Maura Misiti ci siamo rivolti per cercare di definire alcuni contenuti del suo contributo, dal titolo «Lo sapevano tutti...», al seminario di Rovereto.

Signora Misiti, il femminicidio irrompe in un museo di arte contemporanea. Qual è il senso della cosa?

«C'è un senso. Il femminicidio è sempre esistito ma rappresenta anche la contemporaneità. Basta aprire i giornali... parlerò anche di questo a Rovereto: il femminicidio, anche se si tratta di una parola non amata, è entrato nel vocabolario italiano (la Treccani ad esempio) e ha dato il nome ad una legge. Quindi è una parola, ed un concetto, contemporanei. Parola che è entrata anche nell'agenda nazionale e internazionale: dall'Onu all'Organizzazione mondiale della sanità, dal Consiglio d'Europa al Parlamento europeo. Si sta anche discutendo per farla entrare nei prossimi obiettivi del millennio. L'eradicazione della violenza sulle donne e dei femminicidi come obiettivi del millennio. Un tema assolutamente rilevante che non va ricordato solo il 25 novembre».

Negli ultimi anni molti Paesi latinoamericani hanno espresso delle leggi sul femminicidio. Latinoamerica e Italia: ci uniscono tratti culturali e storici, una religione.

«C'è un elemento giuridico importante, in vari Paesi latinoamericani il femminicidio è definito come reato. Sono Paesi che hanno affrontato in modo diverso dal nostro questo tema sul piano giuridico. Evidentemente dopo che la popolazione ha fatto pressione sulla classe politica locale. Tra questi Paesi c'è il Messico dove film, libri, documentari hanno parlato del fenomeno, e dove moltissime donne sono ancora uccise dai loro mariti, anche solo in quanto donne. E poi Honduras e Guatemala, dove si riscontra la più alta frequenza di femminicidi».

Naturalmente non basta approvare nuove leggi.

«Chiaro. Recentemente al Consiglio d'Europa si è prevista una strategia delle cosiddette tre P: prevenzione, protezione, punizione, questo è l'approccio europeo. La Convenzione 2013-2014 accettata dall'Italia stabilisce che che dobbiamo adattare le nostre leggi in funzione di questi tre obiettivi strategici».

Non solo il mondo latino.

«La violenza verso le donne è un fenomeno democratico, coinvolge tutti i Paesi del mondo, in forme diverse e unifica, purtroppo, tutte le società umane. E questo è legato (una chiave di lettura non solo femminista) alle fondamenta patriarcali delle nostre culture che prevedono un disequilibrio fra donne e uomini. Alla base c'è anche la violenza, esercitata non solo come sottomissione, che alla sua base ha un potere. In ciò siamo legati non solo all'America Latina ma anche ad Africa, Cina, Giappone, Russia e Stati arabi. Nel libro che ho scritto con Serena Dandini , "Ferite a morte", di cui parlerò a Rovereto, i monologhi seguono questa chiave di lettura, che parte dalla cronaca e dà voce alle donne uccise, che sono donne di tutto il mondo».

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