Se la giovinezza blocca l'amore

Quello che passa nelle cose d’amore tra Edward (Billy Howle) e Florence (Saoirse Ronan) è così delicato che incanta e sorprende. In realtà, tranne alla fine, non succede quasi nulla in questo Chesil Beach di Dominic Cooke tra i due protagonisti ingessati nel loro amore e nella loro giovinezza in cui tutto è inevitabilmente «per sempre».

Tratto dal romanzo omonimo di Ian McEwan (un vero best seller edito da Einaudi) che ne ha scritto anche la sceneggiatura, il film in sala dal 15 novembre con Cinema di Valerio de Paolis, ci porta negli anni Sessanta pre-rivoluzione sessuale.

Da una parte troviamo Florence Ponting, violinista di talento che proviene da una famiglia ricca e conservatrice con tanto di padre autoritario (Samuel West), uomo d’affari di grande successo. Dall’altra Edward Mayhew, laurea in storia a pieni voti e voglia di essere scrittore, con padre (Adrian Scarborough) insegnante e madre (Anne-Marie Duff) psicolabile in seguito a un terribile incidente.

I due, di diversa classe sociale ma profondamente innamorati, si sposano nonostante tutto. Si ritrovano così, poche ore dopo la cerimonia, in un hotel lungo la costa della contea del Dorset, a Chesil Beach. E qui quello che dovrebbe essere del tutto naturale, la prima notte di nozze, diventa tutta una serie di approcci andati a male.
La paura del sesso di Florence diventa ben presto un blocco e la tensione tra i due monta fino a decisioni estreme e irreversibili.
E questo mentre scorrono flash back del loro innamoramento. Certo, l’amore tra Edward e Florence resta, ma anche quell’ostacolo, visto come insuperabile, che cambierà per sempre le loro vite.

L’idea che anima il film - spiega il regista al suo debutto al cinema, ma già autore di una trilogia shakespeariana, The Hollow Crown, per la Bbc - è che i due giovani protagonisti si trovassero nell’epoca sbagliata e che si sentissero sempre pesci fuor d’acqua, perché nel 1962 il mondo era fermo in un universo Edwardiano. Questa è diventata la costante del film dal punto di vista visivo. Volevo mettere in contrapposizione questo aspetto con la natura, e con quanto si sentissero a proprio agio quando erano circondati dalla natura. A questo punto - conclude Dominic Cooke - avevamo una sorta di tavolozza visiva. Inoltre, mi piaceva l’idea che questo fosse il momento immediatamente precedente l’inizio di tutto.
Eravamo alla vigilia del primo album dei Beatles ma l’atmosfera non era molto diversa da quella del 1952. Volevamo che questa cosa si sentisse».

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