Natalie Portman è una diva del pop

L’impressione è che uno degli esiti della globalizzazione e dei narcisismi spinga a vivere tutti nell’«oblio delle nostre metamorfosi», di com’era il mondo di appena ieri - di cui siamo stati testimoni-coprotagonisti - e di come viviamo oggi, inconsapevolmente sempre più ignari del passato e disinteressati del futuro, prigionieri di un presente a tratti concreto a tratti immaginario.

Molte delle opere viste in concorso alla 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica sono indicatori e offrono molteplici indizi al riguardo. È una delle grandezze del cinema spingere gli spettatori a comprendere, usando piste inconsuete, le miopie degli sguardi troppo influenzati dal presente e a offrire stimoli per non rimanerne prigionieri. Il passato ha condizionato e continua a condizionare le biografie delle singole persone e la vita delle comunità.
Non si deve rimuoverlo, non si può ignorarlo.

È in questa prospettiva che si muove il film in concorso per il Leone Opera senza autore (Werk ohne Autor), il bel film di Florian Henckel von Donnersmarck (autore nel 2006 del memorabile «Le vite degli altri»). I migliori cineasti tedeschi si sforzano con efficacia, anche etica, di esplorare di come e quanto la terribile stagione del nazismo e le rimozioni che lo hanno seguito abbiano pesato radicalmente sulle vicende storiche successive, presente compreso.
Ispirata a fatti effettivamente accaduti la narrazione attraversa tre epoche della Storia tedesca dal 1937 agli anni ‘70 con protagonista Kurt. Da bambino nel 1937 viene condotto dalla giovane zia a visitare la mostra della cosiddetta «arte degenerata» che lei, spirito libero, apprezza emotivamente. Ma la zia amatissima viene giudicata malata di mente, prima sterilizzata e poi gasata. Una forte responsabilità cade sulle spalle di un autorevole ostetrico nazista cultore della purezza della razza. Kurt perde gli zii in guerra, casa e parenti a causa dei bombardamenti. Nel dopoguerra si trova nella Germania comunista ed entra all’accademia di pittura dove l’unica espressione possibile è quella del realismo socialista. È qui che incontra Ellie, figlia dell’ostetrico razzista. I due giovani si innamorano a dispetto delle opposizioni del padre di lei. Appena prima che venga costruito il «muro» i due fuggono ad ovest. Siamo negli anni ‘60. Dopo innumerevoli difficoltà Kurt diverrà un pittore importante rappresentando le immagini prese da delle fotografie che riguardano il passato e il presente di lui e della moglie. Sostiene che si tratta di foto che rappresentano persone che non ha mai conosciuto, opere senza autore. Ma l’arte è una realtà più complessa che nasconde e spesso sa rivelare molto di più di quanto l’artista volesse esprimere e il fruitore (con i suoi schematismi e pregiudizi).

Un film-romanzo di più di tre ore costruito con uno stile classico e disteso che a tratti può apparire convenzionale, coinvolgente sia nell’evoluzione degli eventi narrati che nelle riflessioni riguardanti l’arte contemporanea, le sue forme e capacità di interrogarsi-interrogarci sul presente. Nella Germania contemporanea sono ancora vive le cicatrici lasciate da quella di ieri e nel presente non si deve ignorarle.
Il secondo deludente titolo in concorso, Vox Lux dello statunitense Brady Corbett ha a che fare con la storia americana contemporanea. La chiave utilizzata è quella del melodramma dove le vicende della protagonista Celeste vengono considerate come emblematiche delle mutazioni profonde, etiche e comportamentali che sarebbero verificate nel profondo degli States nell’arco di poco meno di due decenni, dal 1999 al 2017. Celeste viene ferita a scuola da uno studente che si mette a sparare eliminando molti suoi compagni. Nella cerimonia memoriale interviene cantando.

Per lei si apre magicamente una stagione di successi pluridecennale, da interprete dell’America religiosa e periferica a diva della pop music e dell’edonismo di massa, strafatta di alcool, droga e sesso, presuntuosa ed arrogante difesa dalle persone (sorella e figlia soprattutto) che la amano e la sopportano. Ma delle quali lei è anche la fonte del loro benessere.
Il film sembra fatto soprattutto per esaltare le qualità della protagonista Natalie Portman offrendole la possibilità di recitare sopra le righe, di ballare truccatissima e di cantare mascherata con una colonna musicale fragorosa e luccichii accecanti.
Il terzo titolo in concorso Accusata (Acusada) dell’argentino Gonzalo Tobal è un giallo giudiziario in ambiente borghese ben costruito in maniera da aumentare progressivamente la tensione per lo spettatore mediante una intelligente dilatazione narrativa in attesa dell’esito finale. Dolores e accusata di avere assassinato a forbiciate la sua migliore amica che aveva diffuso un video che la ritraeva durante un rapporto erotico. La famiglia le è vicino, ha assoldato il migliore avvocato, si è fatta guidare nei rapporti con la stampa in maniera di mettere in luce la fragilità delle prove nelle mani dell’accusa, ha impegnato tutte le proprie risorse economiche. Lei ha atteggiamenti e comportamenti contraddittori, alternando fragilità e paura a momenti di forza e di irrazionale audacia.
La sentenza non fa venire a galla la verità che rimane confusa nell’ambiguità contraddittoria dei fatti e dei comportamenti. Anche se ben congeniato non va al dà dell’intrattenimento di genere.

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