Il Quintetto di fiati dell'Accademia di Santa Cecila mercoledì 21 ai Suoni delle Dolomiti

di Fabio De Santi

Dopo la consueta pausa ferragostana riprende mercoledì 21 agosto con le note classiche del Quintetto di fiati dell'Accademia di Santa Cecilia la serie di eventi de I Suoni delle Dolomiti. L'appuntamento è quello, alle 12, in Val di Fiemme, Località La Porta Gruppo Cornacci - Monte Agnello con questa formazione che unisce le note di flauto, oboe, clarinetto, fagotto e corno. (In caso di maltempo il concerto si terrà alle 17.30 al Palafiemme di Cavalese). Il quintetto di fiati è equivalente per importanza al quartetto d'archi e per i fiati è la formazione più completa a livello sonoro e di repertorio. Sono pronti a dimostrarlo Andrea Oliva, Calogero Palermo, Andrea Zucco, Guglielmo Pellarin e Francesco Di Rosa che abbiamo sentito per farci raccontare questo evento.

Francesco Di Rosa, come ha preso forma il Quintetto di fiati dell'Accademia di Santa Cecilia?

<Abbiamo creato questa formazione sei anni fa. A legarci una forte amicizia e una stima che viene dalle nostre radici musicali. Quattro di noi suonano nell'orchestra di S. Cecilia, mentre Calogero Palermo era primo clarinetto all'opera di Roma>.

Con quale obiettivo?

<Il quintetto di fiati è una sorta di alter ego del quartetto d'archi, perché entrambi possono contare su un repertorio sconfinato e straordinario. Una formazione come la nostra, abbinata ad un pianoforte, ma anche senza questo accompagnamento, può avere davvero un'ampia scelta di composizioni da suonare>.

Cosa prevede il vostro programma per i Suoni delle Dolomiti?

<Per questa occasione così particolare abbiamo preparato un percorso musicale attraverso i secoli. Iniziamo infatti con Beethoven, per passare quindi ad Haydn e a Franz Danzi, il compositore che ha scritto più quintetti in assoluto, per una formazione di fiati come la nostra. Il concerto sarà quindi una sorta di viaggio che parte dal periodo classico di Beethoven, di cui suoneremo un adagio-allegro da "L'orologio meccanico" trascritta per fiati. L'approdo sarà invece a George Gershwin con la celebre "Porgy and Bess Suite">.

Che effetto vi fa l'idea di suonare in alta quota?

<Per il nostro quintetto si tratta della prima volta ai Suoni delle Dolomiti mentre io ho già suonato nell'ambito di questo festival 6 anni, e per me era stata un'esperienza davvero speciale. I miei compagni di avventura - sorride il maestro (n.d.r.) - sono molto contenti di vivere questa esperienza, anche se alcuni di loro non hanno magari tanta voglia di camminare. Sarà bellissimo per noi esibirci in un auditorium naturale con le persone che ti ascoltano sedute per terra, in mezzo al verde>.

Quanto è difficile suonare i fiati in un dimensione open air come quella dei Suoni delle Dolomiti?

<Per chi suona gli strumenti a fiato è piuttosto faticoso esibirsi in alta quota, perché l'altitudine non facilita di certo la forza dei polmoni. In questa occasione dovremo alleggerire e ritoccare con un coltellino le ance di oboe e fagotto, perché in quota vibrano molto meno>.

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