Loewy, da Moena ad Auschwitz

Loewy, da Moena ad Auschwitz

di Franco De Battaglia

«Richard Loewy e l doer de la ricordanza». Loewy e il dovere della memoria.
L’Istitut Cultural Ladin, «Majon di Fascegn», en ocajion de la Giornèda de la Memoria, vel recordèr la vitimes de l’Olocaust prejentan n nef video-documentèr che recorda la trista storia de Richard Loewy e de so familia. Richard Löwy (1886-1944): tinpruma benvolù Comandant de la K.u.k. Bauleitung Moena (destacament del Genio militèr austroungarich), e vint egn dò, ebreo che se scon a Moena con sia familia, fin a la trista fin a Auschwitz.
Istitut Cultural Ladin


Queste parole, che volutamente abbiamo riportato in lingua ladina, sono l’invito con il quale l’Istituto Culturale Ladino con sede a Vigo, in val di Fassa, ha voluto ricordare la giornata della memoria, perché le atrocità dell’Olocausto (il sacrifico del popolo ebraico, che si è tradotto in un suicidio d’Europa, nei sui valori, nella sua cultura, nella sua umanità) non vadano dimenticate. L’Olocausto resta paradigma di tutte le persecuzioni, delle «pulizie» etniche, dello sradicamento di popolazioni e culture che nel mondo sono state commesse e che continuano ad essere commesse. Per questo è universale.
L’invito dell’Istitut Ladin si riferisce alla presentazione (alle 18 al Polo scolastico di Moena) di un Dvd, appena uscito, sulla tragica storia di Richard Loewy, l’ingegnere e ufficiale ebreo comandante del genio austroungarico a Moena nel 1914, che espatriò da Vienna, insieme ai suoi cari, con la persecuzione nazista dopo l’Anschluss, nel 1938, che cercò rifugio a Moena, dove venne accolto e aiutato, fin tanto che nel gennaio 1944 proprio a Moena venne arrestato dalla Gestapo per essere tradotto nel carcere di Trento e di qui avviato - via Fossoli - ad Auschwitz, dove morì. La storia di Loewy, scoperta da Giorgio Jellici e pubblicata in un libro dal titolo: «Richard Loewy: un ebreo a Moena», (Istitut Cultural Ladin 2004, 2° edizione 2009) ha svelato una pagina nascosta della storia trentina ed europea fra Vienna e Fassa, Trento e Auschwitz, fra la Grande Guerra di cui ricorre il centenario e la Seconda Guerra con l’Olocausto 70 anni fa. Il libro resta attualissimo perché mette in luce la continuità di destini ma anche le profonde fratture fra questi due eventi, mostrando come nemmeno i paesi più pacifici fra le montagne possano ritenersi liberi dalle tragedie della storia. Giorgio Jellici, di famiglia radicata a Moena, poi alto dirigente industriale in Germania, è partito da una scatola di vecchie foto che gli aveva lasciato la zia, la maestra Valeria, e di lì ha ricostruito sapientemente le vicende personali di Loewy e la bufera che l’ha travolto. A Moena Loewy aveva tanto aiutato la popolazione, le famiglie lasciate senza uomini richiamati al fronte, da meritarsi nel 1917, caso forse unico, la cittadinanza onoraria del paese. Vent’anni dopo la ricerca di un luogo sicuro e amico lo riportò a Moena, ma tutto fu inutile.
Il libro su Loewy si è tradotto, negli anni, in conferenze e mostre su pannelli in numerose città italiane (fra queste al museo ebraico di Venezia) ed è ora confluito in un filmato curato - è il caso di dire mirabilmente - dallo stesso Giorgio Jellici e da Fabio Chiocchetti, che dell’Istitut Ladin è direttore, ma anche promotore di un disegno culturale che va oltre la «Majon de Fasegn», la Casa dei Fassani, perché chiunque si accosti al Ladino sente nell’intensità delle sue espressioni, nella dolcezza della sua pronuncia, una ricchezza di sentimenti e capacità comunicativa da far diventare questa lingua patrimonio di tutta la cultura alpina e trentina. Proprio per diffondere questa consapevolezza, questa ricchezza, il Dvd è disponibile sia in versione italiana che ladina, ed è la prima ragione perché il filmato meriterebbe di essere mostrato non solo in Fassa (e la mostra da cui deriva oggetto di una esposizione permanente a Trento) ma in tutto il Trentino. Dal Dvd, infatti, non esce solo l’Olocausto in ciò che è stato, ma la «condizione umana», quando essa viene calpestata e umiliata. Le lettere dal carcere di Trento (di Trento, davanti al quale folle di cittadini e automobili passano ogni giorno!) hanno accenti biblici di tragicità e al tempo stesso di semplicità assolute. L’inizio di una frase scritta da Johanna, la moglie di Loewy, alla maestra Valeria: «Nella mia disperazione mi rivolgo a te …» pare l’incipit del «De profundis …» e lo stesso Loewy, dal carcere: «Non so perché Dio ci castiga così duro … siamo modesti, basterebbe anche pane …»! Pane! Questo a Trento, nel gennaio 1944.
Le voci - bravissime - delle ragazze ladine lettrici di queste lettere sono non solo professionali, ma mostrano quanta partecipazione muova chi affronta e conosce la storia di Loewy. Ed è forse il pregio maggiore del Dvd. Da far conoscere.

fdebattaglia@katamail.com

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