Sono cristiano?

Sono cristiano?

di Giorgio Ragucci Brugger

Mentre attraverso a passi svelti la navata centrale della chiesa sono immerso in pensieri inquieti. Amo questa chiesa, è la mia chiesa, celebro la messa, matrimoni, confesso, incontro persone che hanno bisogno di una parola, di un consiglio, non per niente sono un prete e faccio il mio dovere. Da un certo tempo però sento che qualcosa non va per il verso giusto, mi sento come si può dire... falsato... forse non è la parola esatta ma può dare l’idea del mio equilibrio spezzato. Non voglio essere così pessimista da pensare che non ho mai posseduto un giusto equilibrio, in effetti mi sono costruito faticosamente uscendo da una infanzia tormentata, i genitori separati, una brutta malattia e quando ho deciso la via del seminario ed ho pronunciato il verbo più forte del mondo – io credo – ero certo di essermi messo al riparo da ogni difficoltà.
Questa la formula – io credo – è il cerchio perfetto dentro il quale ho riposto la mia vita. Fuori dal cerchio qualsiasi cosa assume l’instabilità del dubbio.
Il giuramento era la roccia, l’appiglio sicuro. Se mi sostenevo con l’aiuto della volontà l’abisso del dubbio si colmava di speranza. Studiavo la parola di Gesù, la saggezza dei testi, i dogmi, il catechismo, la liturgia, in una parola stavo diventando un cristiano perfetto, malgrado qualche piccolo difetto, la vanità di presentarmi altero sul pulpito nel corso dell’omelia domenicale. Tutto sembrava quadrare, quando un giorno, all’improvviso, scoprii un ragazzo che stava forzando la cassetta delle elemosine.
Lo bloccai. Il ragazzo non fece resistenza, mi fissò, poi si mise a sedere nel banco.
Gli chiesi la ragione del suo gesto.

«Se fossi onesto cosa cambierebbe?»

La chiesa era una tomba di silenzio. Il ragazzo continuò a parlare. Io non lo ascoltavo. Solo prima di andarsene mi concentrai sulle sue ultime parole:

«Anche voi preti siete corrotti, peggio degli altri perché avete giurato di fronte a Dio, io questo non l’ho fatto, ho una colpa in meno rispetto a voi».

Non lo trattenni, chinai la testa. Perché Dio era assente in quel momento? E se lo fosse sempre stato nel corso dei secoli? Certo che lo era stato, invisibile a tutti, inventato dall’uomo per non cedere alla disperazione. La favola più bella poteva essere una menzogna. Quando uscii dalla chiesa Dio non mi apparteneva più.

Era la vigilia di Natale. Quante volte da bambino avevo desiderato questo evento? Il dono più bello era aspettarlo nella Notte Santa. Ma ora sentivo il peso dell’inganno, un senso di colpa nell’averci creduto con tanto slancio ed ero deluso, tremendamente deluso. Camminavo lungo le strade del centro in preda ad una rabbia inconsueta.

Che ci stavano a fare tutte quelle luci, la pubblicità, le canzoni natalizie, gli addobbi, i festoni, quando sopra la grotta di Betlemme, quella notte, il cielo era limpido, cosparso di stelle e percorso dalla scia della cometa? Il mondo pagano di lì a poco sarebbe stato sconfitto, gli idoli frantumati, sconfitta la violenza, sarebbe trionfato amore. Il turbinio di luci mi infastidiva. Affrettai il passo. Malgrado il freddo mi accorsi che sudavo. Mi venne in mente il professore di teologia che mi diceva.

«Anche se un giorno dubitassi della tua fede, ricorda che è necessario credere, nessuno resiste all’assurdo. Beati coloro che non hanno visto ed hanno creduto».

Osservai piuttosto ingenuamente.

«Mi dica professore, devo credere anche alla teoria del vescovo Usher?»

Il professore rimase perplesso. Accennò ad una risposta, poi, ammise francamente.

«Non ricordo bene questa teoria...»

Ripresi con una certa energia.

«Il vescovo ha fatto bene i suoi calcoli, ha stabilito persino la data della Creazione che risale all’anno 4004 , un lunedì, alle ore 9 del mattino»

Il professore ridacchiò, la prese come una battuta, ma obiettai, quante altre teorie consimili sarebbero seguite nel corso dei secoli fino a nostri giorni e le avremmo accettate di buon animo?
Ora, non credo più, non credo in Dio, nella Chiesa.
Vorrei che tutto fosse più semplice, la verità portata in palmo di mano da offrire a tutti senza che dietro a questa si nasconda l’interesse del potere. Non voglio essere confinato in una chiesa e non sapere nulla del mondo. Mi manca l’esperienza di una mia famiglia, di una donna che non sia madre o sorella.
Voglio sposarmi, avere figli.
Ne sarei felice, in questo caso, se avessi un giorno la possibilità d’incontrare di nuovo quel ragazzo che rubava, riuscirei a capire meglio il suo gesto. Anch’io sono un uomo, peccatore come tanti altri. Solo da questo confronto ne uscirei più rafforzato nella mia fede senza la pretesa di rimettere le colpe agli altri. Solo Dio può farlo.

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