La 'ndrangheta è fin troppo vicina

La 'ndrangheta è fin troppo vicina

di Alberto Faustini

Non la presero a schiaffi solo perché era una signora, Donata Borgonovo Re, allora difensora civica, quando parlò di mafia in Trentino. Ma accanto alle smentite, si sprecarono le battute. Noi siamo impermeabili, si disse. Come sempre. Perché questo senso di superiorità lo abbiamo quasi sempre un po' tutti.

Anche nel continuo litigio fra Autonomia e Stato centrale (a volte, va detto, fin troppo centrale). Sorte simile per lo scrittore Roberto Saviano, quando arrivò a Trento per il festival dell'economia. Cercò di dire che in una terra ricca - e un po' ingenua, vien voglia di dire anche dopo aver letto certe intercettazioni - le infiltrazioni non solo non si possono escludere, ma si possono considerare altamente probabili. Sbagliando, citò alcuni settori. Ma la reazione fu unanime: indignazione. Nessuno si chiese perché potesse dire quelle cose. Tutti troppo presi dalla fretta di smentire, di escludere, di condannare la presunta superficialità di chi non può conoscere la nostra realtà. Anche se da tempo gli inquirenti, a livello diverso, indagavano e indagano sulla presenza di alcune famiglie, di alcuni "giri", di alcune "bolle" sospette, a cominciare da quella del porfido, attenzionata - come si usa dire oggi - fin dalla fine degli anni Ottanta, come ci ha ricordato ieri Domenico Sartori, sottolineando, se non altro, una sottovalutazione del fenomeno.

Le infiltrazioni sono qualcosa di subdolo. Un tumore che ti consuma lentamente. Che entra quasi con la complicità del corpo che lo ospita, per poi diffondersi, mangiando e contaminando ogni cosa. Si parte con una mano, con un apparente aiuto, con un po' di denaro facile - quel denaro che ufficialmente è spesso difficile da ottenere, a maggior ragione quando si è un po' in difficoltà - e poi ci si allarga. La nuova mafia è vorace, invisibile. Non spara, investe. Non ammazza, ti strozza più o meno lentamente. Rovesciando assetti societari, ripulendo denaro, alzando continuamente il livello. Col sorriso soave di chi ti invita a cena, non con quello beffardo di chi ti punta contro - o alle spalle - la leggendaria lupara.
È ovviamente presto per arrivare a conclusioni: la stessa inchiesta, anche se ha origini lontane, non va confusa con un rapido processo o con una sentenza immediata. I momenti conviviali - tipici di chi ha fretta di inserirsi e di accreditarsi in una comunità - non vanno dunque automaticamente considerati un esempio di complicità o la prova di chissà cos'altro. Ma vanno presi, insieme a tutto il resto, per quello che sono: il continuo tentativo di un polipo di arrivare ovunque con i suoi velenosi tentacoli.

La 'ndrangheta, per molti di noi, è nei film e in qualche libro. Una cosa altra e lontana rispetto al nostro mondo appeso come un'amaca fra la tradizione contadina e l'innovazione e la ricerca. Invece è vicina. Fin troppo vicina.

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