Se gli arcobaleni perdono colore

Se gli arcobaleni perdono colore

di Alberto Faustini

Accanto agli arcobaleni carichi del colore dell’ottimismo, iniziano a comparire frasi a testa in giù. Rovesciate insomma. Tipo: “Non andrà tutto bene” o “Non ce la faremo”. Un po’ è scaramanzia. Un po’ è un grido che rimbalza a vuoto fra i tanti finanziamenti che potrebbero dar respiro, se solo arrivassero. Un po’ è gelido realismo.

Negli occhi, molti hanno le immagini di quel pizzaiolo che distrugge a martellate il suo locale, i suoi sogni, i suoi investimenti. O i volti dei tanti amici che da mesi non vedono uno stipendio: la cassa integrazione  continua a non arrivare, così come gli altri aiuti. Ci sono poi quei cartelli, sui negozi e su molte altre attività. Fogli ormai consunti che non indicano un orario o un giorno d’apertura: perché quel giorno non arriverà.

Trento non è diversa da molte altre città italiane. Vive di giorno in giorno. Di settimana in settimana. Fino a ieri ha retto bene. Ma ha pagato mutui, debiti, dipendenti, in continuazione: ogni volta che entravano dei soldi, in sostanza. I conti si fanno ogni sera, insieme a un sospiro (ora sconosciuto) di sollievo. In condizioni normali, tante attività avrebbero retto senza correre particolari rischi. Ma dopo tre mesi in cui le entrate mancano e le uscite in gran parte restano, teme di fallire anche chi ha superato mille stagioni complicate. Le statistiche sono impietose: un milione di nuovi poveri. Centocinquanta miliardi di Pil persi in un pugno di settimane.

E all’appello manca chi, per dignità, finge di non esserlo ancora diventato, povero. O chi si sta facendo aiutare da parenti e conoscenti pur di arrivare al traguardo di una normalità che di giorno in giorno purtroppo s’allontana. Ci sono nuove diseguaglianze. C’è una società che tende a litigare. Ci sono famiglie sempre più fragili. E non mancano le nuove solitudini: piccole buche che s’allargano a dismisura nella trama di una società profondamente preoccupata. I finanziamenti a pioggia immaginati dai governi a livello locale e nazionale non riescono ancora a raggiungere diversi strati della popolazione. Migliaia di persone sono per diversi motivi invisibili.

Non sempre, poi, il denaro può  incidere sugli stati d’animo, sui drammi sociali, sulle invisibili violenze fisiche e psicologiche che hanno riempito le mura di case che solo un occhio disattento può non aver visto. È di questo che ora devono occuparsi i governi: a Trento non meno che a Roma.

Di un’Italia arrabbiata e stremata che sfugge ai radar della politica. Un’Italia che non ce la fa, che non riesce a rialzarsi. C’è un fuoco che la cenere delle promesse non riesce più a nascondere e a tenere a bada. Il presidente Conte continua col suo mantra: nessuno perderà il lavoro. Ma molti l’hanno già perso. E non c’è un confine, in certi momenti, fra il lavoro e la vita, fra la speranza e la disperazione.

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