Provincia e ateneo: scontro pericoloso

Provincia e ateneo: scontro pericoloso

di Alberto Faustini

È un conflitto senza precedenti, pericoloso non solo dal punto di vista istituzionale, quello fra Provincia e Università. La tensione sulla facoltà di medicina è in tutto e per tutto simile a quella che sta dividendo anche una comunità coesa come la nostra. Una comunità che certo è anche piena di piccole invidie. Un esempio? Il numero di associazioni: straordinario emblema della nostra generosità, ma anche della nostra incapacità di rinunciare a una minuscola fettina di presunto potere per lasciarlo ad altri.

Ma la nostra è anche una comunità che ha nella vocazione solidale e nella condivisione valoriale il suo punto di forza più alto. I conflitti vanno dunque sempre evitati, in Trentino. Non cercati. Si deve investire su ciò che unisce. Non su ciò che divide. Invece - e una parte della responsabilità è dell’intera politica - si sguazza nel mare dei dispetti e dei veti. Lo scontro fra Provincia e Università, fra governo provinciale e un pezzo di società, è simile a quello su Casse rurali che rischiano la fusione per la rabbia di tanti soci che si sentono inascoltati ancor prima che per l’esito delle (discusse) assemblee e per le oggettive ragioni economiche.

Sull’Università torna poi anche un sospetto: che dietro alcune scelte del governo Fugatti vi sia una venetizzazione silenziosa e implacabile. E sia chiaro: la Padova amata dai vertici dell’assessorato e dell’ospedale, la Padova dove c’è anche l’ex capo della sanità trentina, rappresenta un Veneto molto diverso da quello di Verona. L’Università di Padova, con la sua storia, è una garanzia assoluta, ma anche all’ateneo veronese, col quale si cammina da tempo, non manca nulla. Dunque perché si cerca lo “strappo”? E perché lo si fa senza dialogare con Università e Fondazione Kessler? E qualcuno ricorda che Fbk è l’erede di quell’Itc che l’Università la costruì, nonché il soggetto che da tempo lavora sul terreno della medicina dialogando anche con i centri di ricerca (Cibio, Cimec, protonterapia) che sono fiori all’occhiello di questa terra? Si vuole strambare, come direbbero i velisti, alla ricerca di nuovo vento? Allora perché non si ragiona ad esempio in termini euroregionali (il sogno di Carlo Andreotti merita attenzione)?

Si può partire da ciò che si sta già facendo, allargando lo sguardo e pensando - insieme a Università e centri di ricerca e non alla faccia loro  - ad una scuola di medicina all’avanguardia, innovativa sul versante non solo didattico, ma di competenza, con ambiti disciplinari moderni, complementari alla clinica; una scuola capace non solo di formare i medici del futuro di questo territorio, ma anche di trattenerli, visto che un buon medico vuole crescere e fare esperienze di livello più che andare a lavorare sotto casa. Sul fatto che i tempi siano maturi per un nuovo investimento in questo campo oggi concordano quasi tutti. Ma c’è chi preferisce lo scontro. Su tutto.

Sulle macerie, però, non crescono piante, ma erbacce.

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