Poesia, le parole oltre le mura

Poesia, le parole oltre le mura

di Paolo Ghezzi

Trento non è diventata capitale italiana della cultura, in questo Diciotto, ma si candida ad essere un capoluogo europeo della poesia. Su idea di Nadia Scappini, autrice ed esploratrice di versi, appoggiata da un suo ex studente, l’assessore alla cultura del Comune, Andrea Robol, è nato il Premio Città di Trento «Oltre le mura». Con una giuria presieduta da Pietro Taravacci.

Idea lodevolmente non allineata, quella di un premio di poesia in denaro (e non solo per i poeti ma anche per i traduttori di poesia) in un mondo distratto da un immaginario rutilante ma appiattito, in un orizzonte comunicativo invaso dalla ripetitività minimalista della prosa social, in un tempo in cui la scuola - ossessionata dall’alternanza con il lavoro - smarrisce il senso stesso dell’insegnare la bellezza della lingua.

Un premio di poesia suggerisce il sentiero stretto ma fertile di un uso diverso, più prezioso e rarefatto, della parola, controcorrente alla sloganistica della propaganda. Politica o commerciale che sia.

La propaganda rimpiazza, scopiazza, starnazza, strapazza. La poesia spiazza e semmai trova la parola intelligente, sana e insieme pazza.
La propaganda dilaga, deborda, alluviona. La poesia è essenziale, scarna, risuona.
La propaganda distorce e contorce. La poesia accende fiamme e torce.
La propaganda usa la parola come mezzo di distrazione di massa. La poesia ignora le masse, cerca me e solo me, te e solo te, interpreta il sé, insegue i come e i perché non distrae ma trae, dal fango, una forma.
La propaganda è verbosa, noiosa, irosa. La poesia è condensata, raffinata, affilata, alata anche quando è crudele.
La propaganda ti invita a imitare, inseguire, reiterare. La poesia è un invito alla irripetibilità non riproducibile.
La propaganda fabbrica parole di serie. La poesia partorisce parole fuori serie.
La propaganda ha bisogno di consenso e di nemici. La poesia cerca un senso, è amica dei cercatori di piste e delle piccole voci del dissenso.
La propaganda urla. La poesia sussurra anche quando grida.
La propaganda riempe gli spazi, ha orrore del vuoto. La poesia è costituita dai vuoti bianchi intorno al nero delle parole, esplora i silenzi senza paura.
La propaganda inventa nomi nuovi per le cose vecchie. La poesia reinventa le parole vecchie come se fossero nuove.
La propaganda ti vende una presunta felicità nella luce abbagliante del mercato. La poesia - fuori mercato, fuori quota, fuori legge - legge dentro le infelicità, sfiora appena la gioia, accenna al sole ma ha sete di ombra e di aurore e di tramonti, di già e non ancora, di trasalimenti e presentimenti.
La propaganda inventa balle, la poesia cerca la verità anche quando descrive farfalle.
Il propagandista cerca il successo, il poeta se stesso. La propaganda si vende, la poesia non si compra.
La propaganda muove la moltitudine. La poesia, umile ma indispensabile, ti fa compagnia nella solitudine.

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