Trento, il chiasso umilia la musica

Trento, il chiasso umilia la musica

di Paolo Ghezzi

L’ultima offesa è stata a un’importante violinista tedesca, Isabelle Faust, venerdì scorso. La musicista ha terminato “in pianissimo” il movimento di una soprannaturale sonata di Brahms, ha sollevato l’archetto, ha alzato il mento dal suo meraviglioso Stradivari del 1704 (detto “la bella addormentata”, perché per un secolo e mezzo fu dimenticato in una cassa), ha osservato il pubblico in sala per capire se fosse eruttata una terza soneria (già due telefoni “intelligenti” avevano disturbato il concerto, cosa disdicevole e rara), si è poi rivolta - con sguardo perplesso, dolente e interrogativo - al pianista russo Melnikov che la accompagnava, e lui ha accennato mestamente alle grandi finestre della prestigiosa sala concerti. E lei ha finalmente, malinconicamente compreso.

Oltre i tendaggi pesanti, ma non abbastanza spessi da proteggere la sala dal rumorìo della vita moderna, un inequivocabile “tum-tum-cha”, da pessima colonna sonora di bar, occupava la pubblica strada mandando i cascami delle sue onde sonore fin dentro la sala, fin dentro la sublime sonata di Brahms.

Non è certo la prima volta che un concerto della Filarmonica di Trento viene guastato dal rumore commerciale della città sottostante; più di una volta il presidente della Società ha lamentato, davanti al pubblico dei fedeli abbonati navigati e dei non pochi giovani appassionati, di avere invano cercato conforti in Comune: non possiamo ostacolare la libera impresa dei pubblici esercenti, è stata pressappoco la risposta. Disarmante. Come sempre, quando la politica interpreta la brutta addormentata.

Né le belle arti consentono di toccare la bella facciata 1905 dell’edificio, mettendo mano all’isolazione acustica dei finestroni. Così, pur evitando i mesi più caldi e più inquinati acusticamente, la prestigiosa stagione della Filarmonica, che grazie all’estro del direttore artistico Antonio Carlini porta ogni anno a Trento il meglio del concertismo classico internazionale, è assediata insidiata e violata dal rumore di via Verdi, strada ad alto tasso di plateatico, di tavolini e di chiasso tra Sociologia e il Duomo. Oltretutto, facciamo una pessima figura con i migliori artisti d’Europa. Scommettiamo che neppure se Trento fosse diventata capitale italiana della cultura 2018 i nostri amministratori sarebbero riusciti a risolvere la questione?

Nessuno nega agli esercenti il diritto di occupare le strade e ai giovani avventori il diritto di brindare in allegria, ma non sarebbe degno di una città civile imporre una tregua di due ore per venti sere all’anno? Quaranta ore annue di armistizio acustico per non rovinare l’ascolto della musica: troppe?

Davvero la giunta comunale di Trento e la polizia municipale - severe nel bastonare gli indisciplinati nella ztl - non vogliono né possono istituire una temporanea zrl (zona a rumore limitato) in via Verdi, a due passi dal Duomo?

I nostri giorni già ci inquinano con sonerie invadenti, messaggi insipienti, parole contundenti, promesse inconcludenti, slogan deficienti. Neppure alle otto e mezzo di sera si può avere una tregua, qualche minuto di silenzio?

Sappiamo che, lodevolmente, nel nuovo Piano regolatore generale, si è inserito anche l’obiettivo della tutela del paesaggio sonoro di Trento. Ecco, sarebbe una bella occasione, per una buona politica: limitare lo strapotere dei bar e difendere la dignità della musica. Almeno nella via che porta il nome di Verdi.

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