Solo domande dentro il silenzio

Solo domandedentro il silenzio

di Paolo Ghezzi

Fatichiamo a reggere il silenzio degli esseri umani: il silenzio degli amici, dei solitari, degli infelici; il silenzio degli assenti e degli indifferenti, dei perduti e dei perdenti, degli innocenti. Ma, per chi crede, può essere asfissiante anche il silenzio di Dio. Quando il credente apre un libro sacro o apre gli occhi.

Quando il credente apre un libro sacro o apre gli occhi a un nuovo giorno e il giorno gli sorride, Dio infatti gli parla, con mille voci. Ma quando il credente soffre innocente, è difficile sentire la voce di Dio.

E diventa intollerabile il suo silenzio. Del silenzio di Dio - raccontando avventure martirio e destini dei missionari gesuiti portoghesi nel Giappone del Seicento - parla «Silence», il nuovo film di Martin Scorsese. È la storia dell’ultima tentazione per un prete, 28 anni dopo «L’ultima tentazione di Cristo».

Esotico ed estatico, violento e intenso, non è un nuovo «Mission», eroico ed epico, che con i volti scolpiti di De Niro e di Irons narrava il breve sogno cristiano egalitario e «socialista» degli indios del Paraguay.

«Silence» (nella foto una scena del film) assomiglia di più a una parabola filosofico-teologica: il problema è il silenzio di Dio e l’interpretazione di quel silenzio, che si affolla di domande radicali e senza risposta.

C’è un solo Dio? Ed è giusto portare il Dio degli europei nelle lontane isole dei giapponesi, che pensano con altre categorie e venerano altre divinità? È giusto convertirli per metterli in pericolo di vita da parte dell’inquisitore? Dio vuole davvero che muoiano torturati pur di non calpestare con il piede un’immagine di Gesù? L’abiura della fede è più grave della perdita della vita? Ha ragione il gesuita che rinnega e si fa buddista e si garantisce futuro e rispetto, o quello che si lascia crocifiggere per non tradire Gesù? Insomma, in nome di un Deus si possono distruggere gli homines?

Domande che mettono in crisi i concetti di incarnazione, evangelizzazione, inculturazione e che dopo il Vaticano II, tre secoli dopo quei drammi giapponesi, sono stati definiti dalla Chiesa in termini nuovi, rivoluzionari: si può essere salvi, se si è persone buone, anche extra ecclesiam, fuori dalla Chiesa; anche senza essere battezzati ci si può salvare l’anima.

Eppure i martiri continuano a versare il sangue seguendo un uomo-Dio ammazzato, follia per tutti fuorché per i cristiani. E, a causa della loro fede, muoiono ancora ebrei e islamici e altri credenti.

E così «Silence» finisce per parlare dell’oggi. Dello scandalo del dolore innocente e del perdurante silenzio di Dio. Le parole, alla fine, le devono trovare gli uomini.

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