L’attuale prezzo del petrolio non facilita la transizione

L’attuale prezzo del petrolio non facilita la transizione

di Eliseo Antonini

Alla COP21 di Parigi si sta aspettando il nuovo testo che sará reso disponibile oggi (9.12) alle 13 (CET) circa. Si sta delineando un fronte, avente un certo peso nei negoziati (si tratta dei 79 paesi africani, caraibici e del pacifico – ACP alliance - insieme alla Unione Europea), che intende, tra alcune altre cose (accordo vincolante, trasparenza e certezza nella contabilitá e revisione quinquennale), portare avanti con forza l’obiettivo dei 1,5 gradi centrigradi.

Intanto la domanda che si rincorre é quale potrebbero essere le prospettive delle energie alternative in un periodo in cui le fonti fossili (petrolio, carbone e anche metano) stanno registrando un considerevole crollo dei loro prezzi. La Cina per esempio usa il 50% del consumo globale di carbone e l’altra metá é usata dal resto del mondo (IEA) e le riserve disponibili attualmente basterebbero per altri circa 400 anni.

Ecco l’andamento per i tre principali combustibili fossili che generano il 70-80% delle emissioni serra.

Figura 1 – Andamento (Euro per barile = 159 litri di greggio) del prezzo del petrolio (BRENT) negli ultimi tre anni.

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Figura 2 – Andamento (Euro per MM BTU) del prezzo del metano negli ultimi tre anni.

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Figura 3 – Andamento (Euro per tonnellata) del prezzo del carbone negli ultimi tre anni.

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Non era mai accaduto che si assistesse ad un cosí drastico (coincidenza?) tracollo del prezzo che qui riassumo:

  • petrolio greggio (figura 1) ha registrato un -47,7% negli ultimi tre anni e un vero crollo in particolare a partire dalla primavera del 2014;
  • metano (figura 2) ha registrato un -28,4% negli ultimi tre anni e una accentuate diminuizione a partire dalla metá del 2014;
  • carbone (figura 3) ha registrato un -15,6% negli ultimi tre anni e una accentuate diminuizione a partire dalla prima metá del 2015 e attualmente oscilla intorno ai 40 € per tonnellata.

Questo vuol dire, in pratica, che attualmente, con questi prezzi delle fonti fossili, la produzione di energia attraverso le tecnologie alternative (sole, vento, biomassa, risparmio) é in molti casi molto meno conveniente, molto piú costosa. Queste tecnologie richiedono, nella sostanza, un maggior investimento per colmare la differenza di costo rispetto alle soluzioni fossili.

C’é per esempio un paese, il Venezuela che dipende in termini di entrate per le finanzie pubbliche dalla produzione e dalla vendita (95%) del petrolio che genera il 25% delle entrate nazionali. La popolazione venezuelana – come molti altri paesi che basano la loro economia sull’export delle fonti fossili - non pare peró trarne beneficio e tanto meno avverrá con prezzi del petrolio cosí bassi (-7% la crescita economica interna nel 2015). L’argomento principale usato dalla capo delegazione venezuelana alla COP21, Claudia Salerno, è che il Venezuela conta per solo lo 0,5% delle emissioni globali: «É praticamente insignificante».

Dal 2005 la Cina ha prestato al Venezuela, che é esclusa dal mercato internazionale dei capitali, la considerevole cifra di 56 miliardi di dollari. L’affare non é sostenere la moneta boliviana che é passata da 170 a 10 nel cambio con il dollaro, ma assicurarsi la fornitura di petrolio.

Non è facile convincere i paesi con grosse risorse energetiche a rinunciarvi. La domanda sul mercato internazionale é molto attiva. E il clima puó intanto ancora aspettare.

Fonte: Handelsblatt, RTTC, The Guardian

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