Il «peso» della legna da ardere in Trentino

Il «peso» della legna da ardere in Trentino

di Eliseo Antonini

I numeri e le statistiche non sono tutto. Se corrette e aggiornate però, aiutano a fare adeguate politiche di settore. Ho analizzato il mercato delle biomasse legnose in Trentino e in particolare quello della legna da ardere. Lo spunto: le ultime statistiche rese pubbliche dall’Istat.

Qual è il contributo della legna da ardere al bilancio energetico trentino?

Il contributo della legna da ardere al bilancio energetico (termico) del Trentino non è per nulla da sottovalutare. Ecco i recenti dati pubblicati.

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Dati del mercato della legna da ardere in Trentino (ISTAT, 2013)


Una famiglia su due (circa 141.000 famiglie, Ufficio Statistica Pat, 2012) usa la legna da ardere, circa 3,2 tonnellate all’anno, a scopo di riscaldamento e ciò avviene in modo trasversale nelle varie fasce di reddito.
Questo dato di consumo è l’ultimo fornito in ordine di tempo, ma ci sono stati vari studi di settore nel recente passato che, sia livello nazionale sia locale, in precedenza lo aveva stimato con risultati diversi. Rispetto ai valori in tonnellate che questi studi hanno presentato, per la loro conversione in energia ho usato, prudentemente, lo stesso fattore di conversione medio di 2,8 MWh/tonnellata.

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Figura  - Quantità di legna da ardere, tipo di apparecchi, i boschi trentini e tep vs legna da ardere

NOTA: una tep (tonnellata equivalente di petrolio) equivale a circa 4,2 tonnellate di legna da ardere con potere calorifico 2,8 MWh/tonnellata. 1 ktep quindi sono circa 4.200 tonnellate di legna da ardere.


Quanta legna da ardere deriva effettivamente dai boschi Trentini?

Il Piano energetico ambientale provinciale (PEAE 2013-2020) stima che circa 81 ktep (335.000 tonnellate) di legna da ardere derivino dal comparto forestale cioè - deduco io - interamente dai boschi trentini.
Lo studio della CCIAA (2008) riporta che una parte di legna da ardere è immessa sul mercato da commercianti e la sua provenienza è (90%) estera (Slovenia, Slovacchia, Romania e Austria). Si tratta però di quantitativi modesti circa 3.200 tonnellate annue (0,8 ktep).  Dal grafico 2, in alto a destra, si vede dai boschi trentini si ottengono: 30 ktep dalle assegnazioni ad uso commerciale da bosco pubblico, 21 ktep sono le cosiddette «Part o Sort» cioè gli usi civici di legnatico (bosco pubblico) e infine 30 ktep derivano dal taglio dei boschi privati (autoproduzione).

Da quale bosco viene la legna da ardere trentina?

Secondo l’Ufficio Statistica della Provincia prevale la legna da ardere che proviene dalla fustaia (conifere) piuttosto che dai boschi cedui (circa 12 ktep).  Secondo l’ISTAT prevale il faggio (38%) seguito da specie quali larice, abete, carpino e robinia (27%) nell’insieme. È probabile che prevalgano le conifere e questo per una ragione semplice: le formazioni a ceduo di produzione sono molto meno estese di quelle a conifere di produzione (Figura 2 in basso a destra).

Rispetto al metano quanto vale, dal punto  di vista energetico, la legna da ardere in Trentino?

La legna da ardere è usata per il riscaldamento domestico e anche per la cottura dei cibi e va a sostituire/integrare in molte abitazioni il gas metano.
Per stimare il valore energetico della legna da ardere impiegata in Trentino possiamo usare un potere calorifico medio - a mio parere prudente, ma realistico- di 2,8 MWh/t. Il metano ha un potere calorifico di circa 10 kWh per ogni normal metro cubo. Questo significa che per ottenere l’equivalente energia di 2,8 MWh (energia primaria) ho bisogno di circa 280 metri cubi di metano e circa 200 metri cubi se consideriamo l’effettiva energia erogata (utile) dalla stufa a cucina economica.
Gli apparecchi che usano la legna in Trentino hanno però rendimenti molto variabili. Spesso (Figura 2 in basso al centro, 92%, ISTAT) si tratta di camini o stufe tradizionali i cui rendimenti sono molto bassi cioè non riescono ad estrarre tutta l’energia contenuta nella legna: una grossa parte si disperde nei fumi caldi che escono dal camino e un’altra parte rimane nelle ceneri incombuste. Possiamo ipotizzare un rendimento variabile dal 30% (molti apparecchi e meno buoni) sino al 90% (moderne caldaie a fiamma inversa o moderne stufe, ancora poche in provincia).
Se prendiamo (vedi Figura 2 in altro a sinistra) un valore medio (60% di resa dell’apparecchio) possiamo calcolare quanti metri cubi di metano in Trentino ogni anno siano sostituiti/evitati con l’uso della legna da ardere. Rispetto alla quantità complessiva di legna da ardere usata in Trentino, dal grafico 3 si vede che essa ammontare a poco meno di 60 milioni di metri cubi.

Grafico 3 - Valore di sostituzione legna da ardere vs metano

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Il consumo provinciale di metano, per uso riscaldamento e, in via secondaria (5-8%), per la cottura dei cibi, ammonta (2013) a circa 300 milioni di metri cubi. Il valore attuale di mercato di circa 60 milioni di metri cubi di metano sul mercato trentino possiamo stimarlo in circa 40 milioni di euro. Installando apparecchi più efficienti si possono raggiungere due risultati: 1. con la medesima quantità di legna si produce più calore rinnovabile sostituendo quindi quantitativi di metano superiori e 2. si emettono minori polveri in atmosfera.

Le false previsioni per il settore termico

Il Piano energetico ambientale provinciale (PEAE 2013-2020) riporta per il 2010 i consumi finali di energia primaria in Trentino di 1.663 ktep. Tale dato considera l’energia elettrica, l’energia termica, i trasporti e anche le perdite. Il decreto ministeriale per lo sviluppo delle energie rinnovabili (D.M. 15 marzo 2012 detto «Burden sharing») prevede al 2020 che in Trentino le rinnovabili termiche apportino circa 36 ktep.

In termini di energia primaria però la sola legna da ardere usata in Trentino apporta al bilancio energetico provinciale ben 84 ktep. Inoltre l’apporto energetico totale della termica rinnovabile in Trentino è senza dubbio superiore poiché esiste anche un mercato del cippato nei piccoli-medio impianti, un mercato del pellet, calore rinnovabile da teleriscaldamento a cippato, residui agricoli (es. potature ed espianti del melo e vite) e in parte si usano anche le briquettes. Il contributo (2013) dell’energia termica rinnovabile (incluso solare termico) potrebbe aggirarsi attorno al 130 ktep cioè ben 3,5 volte superiore al target ed è stato conseguito con almeno sette anni di anticipo.

Quindi il decreto ministeriale contiene almeno un target che è già ampiamente superato sia nella tempistica sia nei valori.

Inoltre, anche solo calcolando il valore complessivo dell’energia termica utile prodotta ogni anno in Trentino, usando solo legna da ardere, stimo possa essere di circa 588 GWh (51 ktep). Valore di tutto rispetto e sottovalutato.

Figura  - La quota rinnovabile dell’energia in Trentino

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Mi chiedo, a chi giova avere numeri così coraggiosamente sbagliati? Si possono fare politiche energetiche corrette e concedere finanziamenti senza avere bene in mente i numeri del comparto? Il piano energetico ambientale provinciale (PEAP) deve forse - in alcuni suoi punti - essere rivisto prima della sua scadenza naturale o si deve aspettare il 2020 per rielaborarlo?

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