Quando il Regno d'Italia scoprì il Trentino

di Luigi Sardi

Di tanto in tanto nel Regno d’Italia, la pubblicistica scopriva il Trentino. Cominciò nel 1854 l’editore e tipografo Giuseppe Civelli che a nel 1854 a Milano, in un modesto laboratorio stampò il «Dizionario geografico-universale dell’Italia» compilato «da parecchi dotti italiani».

Il primo volume francamente, è un ottimo lavoro, preciso, documentato e molto raro, è dedicato al Trentino. Invece il quarto volume stampato nel 1858 descrive la «Regione litorale Austro-Illirica», insomma la Dalmazia. Spiegano i compilatori del volume che Trieste, Capo d’Istria, Parenzo, Pola, Grado, Gradisca appartengono all’Austria ma «spettano geograficamente all’Italia».

Però la provocazione maggiore è del giornale «Secolo» di Milano che martedì 25 aprile 1893 cominciò a pubblicare il supplemento settimanale dedicato alle cento città d’Italia. Il primo numero – 8 pagine – è riservato a Trento. Splendida l’immagine di piazza del Duomo, quelle del ponte in ferro sul fiume Adige che sarà distrutto dal bombardamento del 2 settembre 1943, del «Passeggio al Fersina», della Stradale di Pergine nella zona dei «crozi».

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Poi ci sono le fotografie dei castelli di Segonzano, Mezzacorona, Toblino e Pergine e del cimitero con il colonnato dorico. Protestò l’ambasciatore di Vienna perché un giornale italiano aveva inaugurando un fortunato supplemento, indicato come italiana l’austriaca città di Trento.

Poi nel 1911 venne pubblicato a Firenze «Il Trentino veduto da un socialista» scritto da Benito Mussolini, il futuro Duce del fascismo che nel 1909 redattore capo del giornale «Il Popolo» di Cesare Battisti ed Ernesta Bittanti ha osservato, notato, raccolto e descritto quel Trentino fedele a Francesco Giuseppe e devolto alla Chiesa scrivendo: «Moltissimi italiani del Regno non esclusi coloro che fanno professione d’ irredentismo (professione oggi abbastanza comoda e forse anche sufficientemente lucrosa) conoscono assai vagamente la reale situazione di quelle terre ch’essi vorrebbero redimere. Molti italiani, anche colti, quando parlano del Trentino, danno prova di una grande ignoranza politica, linguistica, geografica. Non si sa ad esempio distinguere il Trentino dall’Alto Adige. Si crede che a Trento si parli tedesco. Qualcuno candidamente vi domanda se Trento è bagnata dal mare come Trieste. Non c’è da meravigliarsene. Si fa presto a dimenticare la geografia appresa nelle scuole e gli italiani adulti viaggiano poco».

Si può aggiungere che gli italiani dimenticano facilmente la storia, raccontata spesso malamente e, alcune volte, affidata a divulgatori di parte. Ancora dallo scritto di Mussolini: «I giornalisti che si occupano del Trentino lo fanno quasi sempre dopo un fugace soggiorno di ventiquattro o quarantotto ore, tempo insufficiente a conoscere un paese e farlo conoscere ad un pubblico lontano».

Dunque il binomio Trento e Trieste. Mussolini scrive: «Trieste, grande città e unico porto della monarchia austro ungarica ha suscitato gli appetiti delle limitrofe popolazioni che conquistando Trieste pensano di conquistare il benessere e la ricchezza. La lotta linguistica è divenuta a Trieste lotta economica e lotta politica. Trento, piccola città di artigiani e di commercianti, non può suscitare le cupidigie delle orde teutoniche. Ma l’italianità linguistica del Trentino è conservata inconsciamente dalla massa lavoratrice. Sono i contadini italiani che si spingono al nord e sopprimono ogni residuo tedesco. Trento che all’epoca del Concilio aveva una fortissima colonia di artigiani e merciai tedeschi, oggi non ha che ufficiali e soldati e impiegati governativi. L’elemento tedesco retrocede e l’italiano avanza… Non deve però credersi, come vanno affermando i pangermanisti, che Trento verso il 1500 fosse più tedesca che italiana. Certo, a quell’epoca, la colonia tedesca era più numerosa ed omogenea di quel che sia oggi. Trento era anche allora profondamente [di lingua] italiana, e da all’ora ad oggi, l’elemento che è stato assimilato o eliminato è precisamente il tedesco. Oggi [1909] la colonia tedesca a Trento è proprio una quantité négligeable. Esclusa la guarnigione, si tratta di poche centinaia di tedeschi di contro a ventottomila italiani».

Mussolini venne sfrattato dal Trentino per la sua violenta propaganda anarchica, il suo furioso anticlericalismo e, francamente, sorprende l’immagine di uomo timoroso e spaventato di fronte al poliziotto austriaco che gli notificava lo sfratto dal territorio dell’Impero, pensando a lui divenuto il direttore de «Avanti!», poi il giornalista che contribuirà a portare l’Italia nella Grande Guerra, appunto il Duce, l’uomo della provvidenza, dell’Italia guerriera, delle decisioni irrevocabili. Insomma, l’Austria – o meglio il mondo tedesco – lo aveva intimorito. E questo la dice lunga sulla sua futura e tragica sudditanza ad Hitler.

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