Autobahnrestaurant Rosenberger: un accordo per veri duri

Autobahnrestaurant Rosenbergerun accordo per veri duri

di Matteo Lunelli

Dimenticate l’accordo di Schengen: oggi c’è l’accordo, unilaterale, di Autobahnrestaurant Rosenberger. Un nome bello cattivo e ben poco romantico eh? Vabbè, tanto anche Schengen nessuno sapeva bene cosa fosse e soprattutto dove fosse. A parte il nome, una persona si immagina che quando viene deciso il futuro, quando si annunciano strategie che hanno conseguenze umane, sociali e storiche, i potenti, i capi, i governanti, in completo nero o blu, si ritrovino intorno a un elegante tavolo, con alle spalle delle bandiere e dei quadri antichi.

Invece no. Adesso il futuro viene annunciato in un autogrill, nella minuscola ex sala fumatori, con alle spalle dei “relatori” due corna di camoscio (o forse capriolo?) e degli orribili piatti dipinti a mano appesi al muro, a fianco l’indicazione luminosa dell’uscita di sicurezza e lì intorno il cartello con il prezzo del cappuccino e del panino con speck e cetrioli. E ad annunciare questo futuro niente persone in giacca e cravatta ma poliziotti in divisa, in particolare Helmut Tomac. Sguardo cattivo, occhi di ghiaccio, mascella che Ridge Forrester pare un dilettante, idee chiare. Prima un’ora di conferenza rigorosamente in lingua tedesca, con i giornalisti delle tv italiane esclusi. Poi il breve riepilogo “a reti unificate”. 

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Fatta questa inutile cornice, i fatti. Ieri all’Autobahnrestaurant Rosenberger è cambiata la storia. L’accordo, o meglio l’annuncio dell’Autobahnrestaurant Rosenberger rappresenta una pugnalata forse mortale all’Europa, a quel poco che resta dell’idea di Europa Unita. Poliziotti, esercito, treni bloccati, limiti di velocità e, se necessario, una rete lunga 370 metri, che potrebbe rendere felice solamente Dzeko. Almeno non ci sarà filo spinato: e qui l’Europa non può che ringraziare per la saggezza, la lungimiranza e l’umanità austriache. 

Tomac, davanti alle telecamere e ai microfoni di tutti i principali media italiani, ha annunciato il diktat austriaco. Alla faccia di condivisione, idee, regole, strategie. Più che il duro Tomac, che non teme nulla, è l’Austria ad avere paura. Ha paura delle persone, di persone che arrivano, o meglio potrebbero arrivare da molto lontano, armate solo di una speranza. I profughi terrorizzano l’Austria, che allora mette in prima fila un poliziotto per far sapere come si combatte la paura.

Se fino a qualche giorno fa tutto poteva apparire lontano, se si poteva pensare addirittura a un bluff, oggi le frasi precedentemente mai confermate sono diventate, nella sostanza, delle minacce. La piccola Austria ha mandato all’Autobahnrestaurant Rosenberger il capo della polizia per far capire che non scherza. Blocchi, esercito, polizia sui treni, controlli su autostrada, statale, ferrovia, macchine a passo d’uomo: in perfetto stile tedesco, tutto chiarissimo. Niente interpretazioni. E anzi, si fa capire chiaramente che la responsabilità di questo è anche dell’Italia. D’altra parte, come dar torto ai cugini: l’Italia ha questa vergognosa e annosa colpa, ovvero di avere migliaia di chilometri di coste. 

L’Austria ha paura e reagisce a muso duro, durissimo, infischiandosene della storia. L’Europa? L’Italia? Per ora le reazioni sono a pollice duro, durissimo: nel senso che su Twitter sono arrivati da ogni angolo 140 caratteri di purissima indignazione. 140 caratteri di dissenso contro 370 metri di muro: chissà chi vincerà.

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