Al mare è l'estate pazza dei gonfiabili

Al mare è l'estate pazza dei gonfiabili

di Lucio Gardin

Sono stato qualche giorno al mare. Vi riporto la notizia: questa è l'estate dei gonfiabili. Ve lo dico perché sappiate regolarvi. 
Se non entrate in spiaggia con un unicorno o un fenicottero di tre metri, siete out. Il mio vicino di ombrellone è arrivato con un Dragon Boat di otto metri (c'era ancora dentro uno di Montagnaga che remava). Io sono entrato in spiaggia con sottobraccio un piccolo canotto preso con i punti alla Coop, di quelli che si bucano mentre li togli dalla scatola (credo siano gli stessi costruttori che ci fanno un buco prima di inscatolarli). Quando mi ha visto, il bagnino mi è venuto incontro chiedendomi di uscire e lasciare il posto a qualcuno con un gonfiabile decente. Quel bagnino mi è stato antipatico fin dall'inizio perché ogni volta che una persona entrava in spiaggia, lui la salutava. Infatti, e dai e dai, alla fine non ci ho più visto, e il secondo giorno gliel'ho detto. 
Dopo avere finito di mettere in bolla l'asciugamano della Sat e picchettare con 4 tasselli a espansione l'ombrellone (perché un trentino le cose le fa bene), sono andato da lui brandendo l'avvitatore: «Guardi che sono qui per riposare, non per far conversazione!» gli ho ringhiato. E da quel momento mi sono ripromesso di non rivolgergli mai più la parola. Anche qualche giorno dopo, quando in piscina mi è venuta una congestione fulminante per essere entrato in acqua dopo avere mangiato due Birkenstock col ragù di cervo, ho tenuto duro. Mi ha ripescato il giardiniere alle tre di mattina col retino delle farfalle; «dev'essere quella famiglia trentina che non parla con nessuno» ha bofonchiato al collega ributtandomi in piscina. 
Mi chiedo come facciano i bagnini a essere sempre così allegri? A fare tutto facile? La prossima estate voglio andare in un posto dove c'è un bagnino trentino. Di quelli che quando entri in spiaggia ti salutano con un cenno del capo (alzando la testa di quei 3,4 centimenti senza sorridere) e un «uhm». Di quelli che quando gli chiedi un lettino, ancora prima di verificare ti dicono «non credo di averne di liberi», così, per metterti subito a tuo agio. E se gli chiedi una sdraio in prima fila vista mare, fanno una smorfia e ti dicono «mmm... non credo che stamattina ghe sia el mare».
E comunque, l'invadenza del bagnino era niente a confronto di quelli dell'animazione. Ogni giorno arrivavano saltellando per il gioco aperitivo. Per fortuna avevo delle scuse sempre pronte che esibivo a rotazione: a) «No podo, devo vardar el bocia che senò el scampa sula strada»; b) «Grazie ma no voleria disturbar»; c) «Volentieri, ma ho appena magnà devo spettar tre ore». 
Prima di lasciare l'albergo, ho scoperto che gli animatori avevano una mappa della spiaggia con degli strani segni in corrispondenza di alcuni ombrelloni (come gli zingari che disegnano sui muri delle case per avvisare i colleghi). Sul nostro ombrellone c'era una scritta «tempo perso, sono trentini».

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