Caccia e pesticidi, due gemme dell'autonomia?

Caccia e pesticidi, due «gemme» dell'autonomia?

di Zenone Sovilla

Ieri, mentre in piazza Dante, alla Giornata dell'autonomia, Paolo Mieli celebrava il sistema trentino come «una gemma per tutta l’Italia», si aveva notizia di due autentiche perle del governo provinciale: il Comitato per il diritto alla salute in Val di Non denunciava che «il neoassessore Luca Zeni ha demolito il faticoso cammino costruito in precedenza con Donata Borgonovo Re» per ottenere regole più severe sull'impiego dei pesticidi nell'agricoltura trentina; per parte sua, il consigliere M5S Filippo Degasperi ricordava, alla vigilia della nuova stagione venatoria, che appena insediato, nell'autunno 2013, Michele Dallapiccola, titolare della delega sulla caccia, si precipitò a modificare in peggio una delibera varata appena un anno prima dalla giunta Pacher.

Con il suo intervento, formalizzato con una delibera del 30 dicembre 2013 (oso ipotizzare gradita ai cacciatori), l'assessore Dallapiccola cancellava con un colpo di spugna il divieto di abbattere animali entro un raggio di duecento metri dalle mangiatoie, che così tornano a essere una possibile trappola mortale.

Si abituano - spiega il consigliere - cervi e caprioli a trovare facilmente da mangiare anche durante l'estate (quando il foraggiamento sarebbe vietato) per poi abbatterli, magari standosene comodamente all'interno di capanni o altane che spesso si trovano, guarda caso, proprio a poche decine di metri dalle mangiatoie e in ottica perfetta per mirare (si fa per dire...) e sparare.

Chi frequenta i boschi lo avrà notato centinaia di volte: nelle settimane precedenti all'apertura della caccia, mangiatoie piene di mais, qualche blocco di sale e molte mele sparse sul terreno circostante, giusto per non sbagliarsi. A pochi passi la postazione di caccia o, come sostiene Degasperi, di un «tiro al bersaglio sul quale evidentemente non si esercita la vigilanza necessaria».

Da qui la richiesta del consigliere, che venga interrotto l'attuale sistema che affida all'Associazione cacciatori trentini anche l'attività di sorveglianza: in virtù di una convenzione con la Provincia autonoma controllato e controllore in sostanza coincidono

Riprendendo le reiterate critiche avanzata da esponenti ambientalisti, anche nel comitato faunistico provinciale, ci si potrebbe pure chiedere se la terzietà istituzionale sia favorita dalla presenza di cacciatori ai vertici del servizio foreste e fauna; evidentemente chi in piazza Dante ha deciso queste nomine riteneva di sì.

Di vigilanza si occupa anche il comitato noneso, nella sua severa denuncia contro le nuove regole varate dalla giunta provinciale sull'impiego dei pesticidi: in poche parole, nessun progresso per la tutela della salute e dell'ambiente, anzi. La novità principale è la concentrazione dei trattamenti in prevalenza nelle ore serali e di primo mattino: occhio non vede, cuore non duole?

«Il nuovo regolamento - scrive il comitato - è molto pericoloso per la salute in quanto riduce notevolmente le distanze di non uso di atomizzatori dalle case e dalle aree sensibili e renderà impossibili i controlli, poiché le distanze variano secondo il tipo di pesticida usato (tossico, nocivo, irritante, eccetera), i mezzi utilizzati e come sono usati (atomizzatore normale, munito di antideriva, tunnel, la pressione, il volume d'aria eccetera). Le forze dell'ordine preposte alla vigilanza come faranno a controllare che queste cervellotiche norme siano rispettate?».

Già, è quasi surreale che il risultato sia questa miseria politica, dopo anni di denunce sui rischi derivanti dal modello agricolo intensivo, dalle monocolture e dal largo impiego di fitofarmaci in Trentino. Nessuna prescrizione sul tipo di prodotto utilizzato, niente divieti generalizzati almeno sull'uso delle sostanze classificate come molto tossiche. Sembra quasi una provocazione.

Al punto che il comitato della Val di Non affonda le accuse: «Con questo regolamento la Provincia ha svenduto la nostra salute, economia, ambiente e qualità della vita alle lobby dell'agricoltura industriale (in forte crisi economica) e alle multinazionali che producono e vendono pesticidi. Il nuovo assessore alla salute Luca Zeni ha anche demolito il faticoso cammino che noi come Cds Val di Non avevamo intrapreso con le istituzioni, grazie alla disponibilità del precedente assessore Donata Borgonovo Re, per riequilibrare il rapporto tra agricoltura e società».

Evidentemente la classe dirigente provinciale è lungi dal ritenere che le criticità conclamate del modello agricolo vadano riconosciute e radicalmente corrette avviando un processo trasparente e complesso, lungo e doloroso.

Ora spetterà ai sindaci, responsabili della tutela della salute dei loro cittadini, trovare il coraggio di contrapporsi all'arroganza politica della Provincia autonoma e introdurre, nei regolamenti di polizia rurale, una disciplina severa e facilmente verificabile.

Caccia e agricoltura intensiva, due delle numerose gemme del sistema trentino. Davvero due perle.

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