Scuola e cultura veri pilastri dell'autonomia

Scuola e cultura veri pilastri dell'autonomia

di Loris Taufer

Nella difesa dell’Autonomia speciale del Trentino, legata inscindibilmente a quella del Sudtirolo, la politica provinciale, sia di maggioranza che di opposizione, si arrabatta, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Ma la società civile, i cittadini, cosa fanno per valorizzare questo patrimonio che appartiene a tutti?
Eppure, senza il collante linguistico come avviene in provincia di Bolzano, e con la presenza - seppure estremamente preziosa - di minoranze linguistiche quali quelle ladine, mochene e cimbre limitate nei numeri, o l’Autonomia viene continuamente alimentata, sul piano degli ideali e delle caratteristiche di senso, dai cittadini trentini in prima persona, o è destinata ad essere riassorbita nelle dinamiche politiche italiane.

E l’elemento fondamentale per rinvigorire la dimensione di appartenenza a tale Autonomia e reinventare continuamente il significato, sul piano locale e globale, della scommessa autonomistica di questa terra di confine, è la cultura, l’investimento personale e sociale su questo piano di crescita.
Sul “che cosa” contribuisca all’arricchimento dei cittadini - considerando, qui, solo ciò che attiene la coscienza autonomistica - probabilmente non ci sono molti dubbi: certamente fondamentale è la consapevolezza storica delle vicende particolari del Trentino Alto Adige/Südtirol; altrettanto importante è la padronanza linguistica, per noi essenziale, del tedesco, affiancata all’inglese; come, per gli abitanti di questo “Land”, risulta imprescindibile una forte sensibilità europeistica, legata al percorso di unificazione europeo, dentro il quale ha senso la nostra identità autonomistica ed il progetto ambizioso di costruzione dell’Euroregione con Bolzano ed Innsbruck.
Sul “come” sia possibile far crescere, in termini generali, il livello culturale dei nostri concittadini, con ogni probabilità ci sono opinioni diverse. Vediamo di illustrare due possibilità.

La prima è quella dell’educazione permanente, che, assieme ad esperienze più professionalizzanti di “Lifelong Learning”, potrebbe prevedere occasioni diverse di sviluppo collettivo a partire dalla realizzazione personale dei singoli. L’educazione permanente, intesa in maniera complementare all’uso delle nuove tecnologie, può essere un viatico straordinario di crescita della società civile. E ciò considerando che in Italia solo l’8,1% delle persone tra i 25 e 64 anni è impegnata in percorsi di formazione: tre punti in meno rispetto alla media dell’Unione europea.
Ecco, in Trentino abbiamo, da quarant’anni, un’iniziativa preziosa, da includere in questo ambito, che è l’Università della terza età e del tempo disponibile (Utedt). È una realtà formativa di eccellenza, che coinvolge più di 5.000 iscritti, vanta 82 sedi distribuite in tutta la provincia, ha 350 docenti impegnati in più di 800 corsi, conferenze e laboratori.

L’auspicio è che questa istituzione, così variegata e plurale, possa continuare - anche con l’attuale maggioranza di governo della Provincia - a migliorare culturalmente la nostra terra ed a dare strumenti critici ai cittadini per leggere la realtà ed interpretare il mondo.
L’altro canale essenziale di crescita, indirizzato ai concittadini più giovani, è ovviamente la scuola, rispetto alla quale, lo sappiamo, ci sono importanti competenze autonomistiche.

Anche qui, al di là del “cosa” insegnare e concentrandoci sul “come” farlo, è ovvio che, data la centralità di questa istituzione per il destino della nostra Autonomia, l’esigenza è quella di proseguire ad investire risorse ed energie per tener alto il livello dell’offerta formativa. E questo in tempi straordinari, come quelli legati al Covid 19, che stiamo vivendo; ed in un’epoca in cui le nuove tecnologie stanno ormai determinando le caratteristiche stesse della conoscenza e degli apprendimenti.
La scommessa è alta e, con rammarico, bisogna ammettere che chi ha oggi responsabilità di governo della scuola trentina, non sembra in grado di guidare con competenza e sicurezza il percorso di trasformazione educativa che si sta aprendo.
Ma al di là di questo, e rimanendo sul piano dell’agire concreto della società civile, bisogna dire che la scuola trentina è - di suo - talmente ricca di esperienze, strutture, risorse umane, docenti, dirigenti, competenze, ecc., da poter interagire col meglio delle proposte educative internazionali.

Ad esempio, quella educazione al “pensiero riflessivo” di cui parlava il filosofo Matthew Lipman - secondo il quale «per migliorare tale pensiero nelle scuole occorre coltivarne le dimensioni critica, creativa e caring» (legato alle emozioni) e «il pensiero critico, il pensiero creativo e il pensiero caring vengono considerati situazioni di pensiero multidimensionale ugualmente importanti» - è certamente perseguita, magari con metodi diversi, nelle punte di eccellenza della nostra scuola che possono diventare “buone pratiche” per tutti.

L’importante, anche su questo piano, è sperimentare una “cifra” trentina al meglio della progettualità educativa. E questo non per sfizio autonomistico, ma per dare risposte adeguate alle necessità formative dei nostri ragazzi, spesso “spaesati” in un mondo che cambia rapidamente e bombardati dalla miriade di messaggi che provengono dalla rete e dalle nuove tecnologie.
E quindi, sempre sul piano del “come” educare, perché non recuperare nella scuola trentina, in maniera sostanziale e “sensata” - accanto all’uso di Internet e pc - il valore essenziale del lavoro manuale, della manualità, della cultura materiale, della realizzazione finalizzata di prodotti materiali?

Questo, fra il resto, porrebbe i ragazzi in relazione ad un patrimonio straordinario che ci deriva dalla tradizione di questa terra, fatta anche di specificità sul piano materiale. Li includerebbe in un orizzonte di senso, che è fatto di confronti tra la varietà delle proprie radici e le peculiarità del mondo intero. Li toglierebbe, per qualche tempo, dalla vacuità omologante del virtuale. Farebbe sì che l’appartenenza ad una comunità autonoma, come quella trentina, diventi oggetto di studio e motivo di responsabilità.

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