Medicina, sogno la facoltà dell'Euregio

Medicina, sogno la facoltà dell'Euregio

di Carlo Andreotti

Il Trentino sta vivendo in questi giorni quella che passerà alla storia (si fa per dire, ovviamente) come la guerra per la facoltà di medicina. Stanco di attendere risposte concrete da Verona il governatore Fugatti si è rivolto a Padova, ottenendo subito udienza.

L’Università non solo ha replicato a muso duro, sostenendo di essere stata scavalcata nei suoi rapporti, ormai avanzati, con Verona, ma tirando fuori dal cilindro tanto di progetto da realizzarsi con l’universo mondo sanitario, da Trento a Verona, a Vicenza, alla stessa Padova, all’Humanitas di Milano, al Sant’Anna di Pisa e molto altro ancora. Pronti a partire già nel prossimo autunno e con programmi innovativi e pluridisciplinari unici al mondo.
Difficile conoscere retroscena e particolari di questo conflitto, in uno scenario all’interno del quale una sola cosa appare chiara e cioè che entrambi i contendenti hanno torto. Hanno torto per non essersi parlati. Per non aver approfondito unitariamente il delicato argomento. Per non aver reso nota una “indagine di mercato”, ammesso che mai ci sia stata. Per non aver presentato un piano finanziario serio e sostenibile. Per non aver dato un mandato preciso al nuovo presidente dell’ateneo, prima di procedere alla sua nomina. Insomma per essersi bellamente ignorati a vicenda, o nella migliore delle ipotesi, per aver dato vita a un dialogo fra sordi. Su questi argomenti trovo in gran parte condivisibili le riflessioni del professor Stefano Zambelli, ordinario di Economia politica, pubblicate su questo stesso giornale.

Siamo costretti ad assistere a una diatriba avvilente sotto tutti i punti di vista per la nostra autonomia. Senza poi voler tirare in ballo la reazione piccata di presidi e docenti dell’ateneo i quali, per sostenere il loro rettore, non solo parlano e scrivono di «una vicenda desolante che oltre a rivelare una notevole improvvisazione, rappresenta un’offesa, forse voluta (sic!) all’Università di Trento», ma arrivano addirittura ad accusare i loro colleghi patavini di averli traditi e di aver rotto il patto non scritto di solidarietà interuniversitaria che dovrebbe esistere fra i vari atenei. Se non siamo alla commedia dell’assurdo, poco ci manca.
Se un problema così serio per la collettività viene affrontato in questo modo, siamo messi proprio male. Le “intelligenze” dell’Università non sanno che accentuare i toni della polemica e favorire il muro contro muro rischia solo di portare all’azzeramento di ogni progetto, a non fare più nulla? Persino la presentazione in pompa magna da parte del rettore di un progetto che pare tratto dal libro dei sogni e che dovrebbe partire già con il prossimo anno accademico, alimenta il sospetto del retropensiero che «tanto, se poi non si realizza, la colpa sarà della Provincia». Una conferenza stampa di quella portata si deve concordare prima, altrimenti si trasforma in pura reazione e provocazione.

In questa situazione si registra almeno la pacata reazione del governatore Fugatti che ha smorzato ogni polemica, affermando che «altre realtà del nostro territorio in questi giorni stanno proponendo nuove idee: bene».

Questa affermazione del governatore va allora colta per porre alcune domande, ma soprattutto per fare una riflessione sul Trentino di oggi e di domani come componente essenziale e trainante dell’Euregio, se è vero che il futuro della nostra terra, come si sostiene, sta proprio nella dimensione euroregionale.

Si è cercato di dare una risposta al perché in Trentino mancano medici, soprattutto specializzati? Perché altre realtà italiane non registrano tali carenze, avendo il rapporto medici-popolazione un indice fra i più alti d’Europa? Perché tantissime professionalità, soprattutto giovani promettenti, se ne vanno trovando maggiori soddisfazioni altrove, magari proprio all’Humanitas? In tempi di crisi economica dove si trovano le necessarie risorse finanziarie, per la quasi totalità a carico della Provincia? Il Trentino con i suoi seicentomila abitanti ha un bacino di utenza sufficiente per una facoltà di medicina? Perché allora non ampliare gli orizzonti? Non certo nel senso ipotizzato dall’Università che andrebbe a coinvolgere troppe realtà con il rischio di parcellizzare organizzazione e gestione con tutte le conseguenze negative facilmente immaginabili, ma dando corpo finalmente a qualcosa che valorizzi l’autonomia, la sua gestione, la sua capacità propositiva, la sua visione di futuro?

Sto parlando dell’Euregio. Sì, di quell’Euregio che vede al primo posto, ogni volta che si parla di progetti comuni e di collaborazione transfrontaliera, proprio il tema della sanità. Una collaborazione stretta fra Trento, Bolzano, Innsbruck e fra le rispettive università (magari coinvolgendo, per quanto utile e necessario, anche Padova e Verona) potrebbe portare a un progetto condiviso, moderno, aperto, pluridisciplinare e soprattutto bilingue, se non addirittura trilingue, visto che dalla conoscenza della lingua, importantissima anche e soprattutto in campo medico, non si può prescindere.

I numeri ci sarebbero sia come utenza potenziale (due milioni di cittadini), che come capacità di sostegno economico, che come qualificazione scientifica, visto l’alto livello della clinica universitaria di Innsbruck e le stesse eccellenze già operanti a Trento e Bolzano. Il progetto inoltre avrebbe una sua identità forte e precisa, euroregionale, transfrontaliera, europea, moderna e all’avanguardia, con una “governance” ben individuata e solide basi territorialmente incardinate con capacità attrattive per studenti, medici, specializzandi e pazienti.
Dimostrerebbe inoltre, dopo un quarto di secolo dalla sua fondazione, che l’Euregio non è solo un lustrino da appuntarsi sulla giacca, ma una realtà capace di incidere positivamente sulla qualità della vita delle nostre popolazioni.

Sogno? Utopia? Forse, ma senza inseguire sogni e utopie il mondo non è mai progredito.

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