Mach, un declino drammatico

Mach, un declino drammatico

di Fernando Guarino

Non è venuto il Commissario europeo all’Agricoltura e nemmeno il ministro Bellanova. Non c’è spazio per scienziati e ricercatori. Il 145° della Fondazione Mach girerà attorno alla Lectio Magistralis del poeta bolognese Davide Rondoni!

Al di sopra di ogni commento sulla strumentalità di questo invito, a me preme richiamare l’opinione pubblica e il governo provinciale sulla disastrata gestione di un’istituzione preziosa che concorre a definire l’identità stessa del nostro territorio. Solo pochi anni fa le riviste scientifiche più prestigiose al mondo dedicavano le loro copertine agli avanzamenti scientifici realizzati nei laboratori di S. Michele e tutto il Trentino era orgoglioso di un risultato che sotto la guida di due grandi Presidenti, Giovanni Gius e Francesco Salamini, avevano ottenuto risultati così eclatanti da poter inserire la nostra istituzione ai vertici internazionali nella genomica delle piante da frutto e prima per distacco fra le istituzioni italiane secondo la severa valutazione dell’ANVUR che allineava dietro a FEM tutti gli Atenei italiani.

Le responsabilità di questo naufragio spettano politicamente alla Giunta precedente, che decretò lo smantellamento dei presidi più avanzati dell’Istituzione. Ma una responsabilità distinta va attribuita al Presidente di FEM, Andrea Segrè economista agrario bolognese che qualche giorno dopo la sua chiamata ai vertici chiede la doppia affiliazione all’Università di Trento e si accasa al Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente. Nell’autunno del 2015, il governo italiano lancia l’ambizioso progetto Human Technopole sull’area di Expo Milano, affida la gestione all’Istituto Italiano di Tecnologia e a FEM per la qualità della loro ricerca e il prestigio internazionale. È il degno coronamento del lavoro di Gius, di Salamini e del Direttore del Centro di Ricerca di S. Michele Roberto Viola. Segrè non si scompone e nonostante le perplessità del responsabile del progetto Roberto Cingolani, riesce - attraverso l’intervento del Ministro Martina - ad affiancare al centro sulla postgenomica guidato da Viola (30 ricercatori) un centro più piccolo dai contorni scientifici più vaghi legato a “valutazioni dell’impatto economico e sociale delle innovazioni” (10 ricercatori) da sviluppare in collaborazione con gli Atenei di Trento e Bologna.

«Questo è il valore aggiunto che ho portato direttamente con le mie competenze scientifiche» dichiara alla stampa. Tanto basta per suscitare l’entusiasmo e l’euforia generale: circa 1/10 dell’intero investimento di Human Technopole arriverà a Trento, si annuncia. Peccato che questa storica affermazione della Fondazione sia stata completamente vanificata: a quattro anni da quell’affermazione nessuno pensa di affidare a Fem alcunché. Del resto un tracollo analogo va registrato nel progetto euroregionale affidato al coordinamento di FEM noto come EFH (Ambiente Alimenti Salute) . Era il residuo progetto bandiera del Presidente Rossi e del Presidente Segrè che vede oggi la recessione della componente trentina con l’uscita dall’istituto di due valide ricercatrici Maria Ulaszewska e Mar Garcia Aloy che garantivano le competenze della metabolomica nutrizionale e a cascata il ritiro della firma dal progetto addirittura del coordinatore prof. Fulvio Mattivi. Un naufragio difficile da spiegare ai trentini e anche ai nostri partner. Abbiamo assistito ad una lunga fila di esodi forzati: tutti segnati dall’eccellenza scientifica, a partire da Viola, Duccio Cavalieri, Riccardo Velasco, Attila Nagy, Kristof Engelen, Lino Ometto, Carlotta Defilippo, Federico Vaghi, Markus Neteler e decine di altri spesso costretti ad andarsene senza alcun riconoscimento e con atti di pura cattiveria come la negazione della doppia affiliazione a Riccardo Velasco chiamato a dirigere il progetto viticoltura nazionale a Conegliano.

Qualcuno ricorderà la promessa del prof. Segrè di pubblicare un bando internazionale per coprire il posto di Direttore del Centro Ricerche: anche qui un fallimento completo nell’obbiettivo di attrarre la comunità scientifica fuori dal perimetro dell’istituto. Lo sberlone che certifica la traiettoria negativa di FEM viene anche dall’Europa che ci ha negato l’ingresso nella nuova Kic Food guidata dall’Università tecnica di Monaco e la consolazione di una partecipazione marginale nella KIC Climate si è poi risolta in un dato omeopatico.

Sospendo il giudizio sul Centro C3A (Alimentazione, Agricoltura, Ambiente) che ha rilevato il corso di laurea in Viticoltura ed Enologia precedentemente gestito da FEM con l’Università di Udine. Per ora i risultati sono appena sufficienti ma pesa come un macigno la lettera del primo direttore del Centro il prof. Graziano Guella, universalmente stimato per il suo equilibrio e competenza, costretto a dissociarsi dal Centro a causa di gravi “dissensi” nella gestione. Del resto è noto a tutti che diversi esponenti politici hanno avanzato osservazioni e perplessità che se dovessero essere confermate rischiano un nuovo colpo alla credibilità delle istituzioni. Resta in ogni caso che gli iscritti ai corsi di laurea di Viticoltura e Meteorologia tali erano e tali restano. Anche quest’anno meteorologia chiude con 7 iscrizioni inducendo più di un osservatore a pensare che il numero dei docenti è il triplo degli studenti e forse conveniva pensarci prima di assumere a carico del Bilancio FEM anche questo onere.

Ma dove si è fatto un passo indietro notevole è nel Dottorato che oggi viene sviluppato in casa secondo il costume dell’accademia italica, dopo aver chiuso un Dottorato internazionale gestito da FEM in compartecipazione con le dieci università migliori al mondo nelle discipline agrarie e biotecnologiche (25 studenti selezionati su 3.000 domande).

Vorrei chiarire che aver distrutto la credibilità del Centro di Ricerche non si è certo risolto con un rafforzamento del Centro scolastico o del Trasferimento tecnologico, che proprio in ragione dell’assottigliamento degli organici oggi non sono in grado di offrire alcun riparo all’agricoltura trentina colpita al cuore dalla Drosophila Suzukii, con i coltivatori di ciliege e piccoli frutti che oggi sono costretti perfino all’espianto delle loro coltivazioni. Ma le campagne trentine non hanno ottenuto soccorso nemmeno con l’invasione della cimice asiatica e nulla si intravvede rispetto alla sfida che ci pone l’Europa di provvedere a trattamenti sostitutivi all’uso massiccio del rame.

Per avere la certezza della traIettoria di FEM si consideri che negli ultimi 5 anni l’unica start up generata dall’Istituto è ancora quella fondata da Viola e Cavalieri (Mirnagreen), che ci saluta da Bolzano in buona salute: anche questa ce la siamo fatta scappare.
C’è dunque assai poco da festeggiare oggi alla FEM. C’è piuttosto da prendere atto tristemente di declino rapido e drammatico. Per provare a salvare almeno qualcuna delle solide basi scientifiche costruite negli anni sotto la guida di Gius e Salamini e cercare di ripartire, sarebbe necessario che il Presidente Segre tirasse le conseguenze di questo deragliamento e mettesse immediatamente la Giunta Provinciale nelle condizioni di provvedere a individuare per la FEM una nuova guida. Non sarà certo facendo ricorso alla sua indiscussa capacità di “fiutare l’aria politica” che il professor Segrè potrà risolvere diversamente la questione è tutelare il preminente interesse di FEM e del Trentino.

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