La grande lezione di Liliana Segre

di Alberto Faustini

È una buona notizia che l'Italia abbia finalmente una commissione «per il contrasto ai fenomeni dell'intolleranza, del razzismo, dell'istigazione all'odio e alla violenza». Una commissione che è a dir poco necessaria, in questi tempi che sono neri da molti punti di vista.
È però una pessima notizia il fatto che nemmeno per istituire una commissione come questa, proposta da una magnifica donna di 89 anni uscita miracolosamente viva da Auschwitz, il Senato abbia saputo trovare l'unanimità. O forse dovrei parlare di umanità? Liliana Segre, la senatrice a vita che è ormai una delle ultime testimoni dell'orrore dei lager, non si meritava l'astensione dei 98 senatori dell'opposizione.
Come si fa a non appoggiare chi ogni giorno - nel 2019, non in quei lontani anni di sangue e di terrore, d'assurda violenza e di quotidiana disumanità - riceve ancora almeno 200 messaggi carichi di insulti? Come si fa a non alzarsi ad applaudire e ad abbracciare una donna, una reduce, una testimone, un monumento al valore della memoria? Ma quei parlamentari sanno che Liliana Segre è la ragazza ebrea che il 30 gennaio del 1944 venne deportata, dall'esiziale binario 21 della stazione centrale di Milano, in un campo di concentramento? C'è chi considera la nascita della commissione una sorta di sordina alle parole d'ordine della destra. Ma la commissione è semmai un atto di civiltà rispetto a ciò che accade intorno a noi, persino un moto di dignità al cospetto di un imbarbarimento che allarma, rispetto alle bastonate di parole che inondano il web. È una dogana d'intelligenza di fronte ai discorsi sconclusionati e potenzialmente pericolosi di tante persone che non hanno più voglia di capire, di conoscere, di informarsi, di leggere nelle pieghe del dolore della storia ciò che potrebbe sempre tornare, ciò che in fondo è già tra noi, come dimostra più di un tragico episodio. L'emergenza nazismo dichiarata dal consiglio comunale di Dresda è solo l'ultimo esempio.
Contrastare l'istigazione all'odio, cercare a mani nude, con la sola forza della cultura e della conoscenza, d'arginare forme d'intolleranza tragicamente ben organizzate, non è una bavaglio a chi la pensa diversamente. È un atto di onestà rispetto alla storia, un gesto di trasparenza nei confronti di frasi e azioni che non possono tornare nel nostro vocabolario. Serve un argine. Serve una diga. Serve una commissione che ci costringa a riflettere, a non considerare normale ciò che normale non è affatto. E a guidarla deve essere chi ne ha proposto la nascita: Liliana Segre. La senatrice a vita che ha dedicato una buona parte della sua esistenza ad andare nelle scuole a raccontare ciò che ha visto e vissuto ai confini della vita, oltre il filo spinato della disperazione, dove la vita non vale nulla e dove bambini, donne e uomini sono un numero: il numero della morte che Liliana Segre porta ancora tatuato sul braccio e sul cuore.

comments powered by Disqus