Plan de Corones: perché museo sì e concerto no?
Plan de Corones: perché museo sì e concerto no?
Dare risposte giuste e veritiere su percezioni soggettive è complesso. Quello che possiamo fare è provare a porci le domande giuste. Sono varie le domande riguardo il concerto di Jovanotti sul Plan de Corones. Le tante polemiche, con ogni posizione radicata e ferma su un sì o un no, non aiutano a comprendere la situazione. Mormora la gente mormora, Falla tacere praticando l’allegria, canta il rapper. Una delle tante domande da porci è chi è questo cantautore. Lorenzo Cherubini inizia la sua attività con del pop leggero, è un ragazzo sbarazzino che compone musiche e testi senza molte ambizioni, ma si contraddistingue subito per la grande energia che lo aiuta ad arrivare presto al successo. Con il passare del tempo l’artista trova un buon equilibrio, ha molte cose da dire, non parla più solo ai ragazzini. È il suo pensiero positivo a lasciare bei messaggi, trascinati da una forza comunicativa straordinaria.
Compone un brano importante, Il Cuore, un urlo straziante, una voce di protesta che motiva chi, con l’attentato a Falcone, si sente avvilito in uno Stato che sembra aver perso la lotta contro la mafia. Jovanotti continua a prendere posizione, si impegna in uno stile artistico molto particolare, alza il dito, si arrabbia, ma non pontifica. Comunica in modo bello, ottimista.
L’altra domanda da porci è: cos’è il Plan de Corones. È una montagna? Sì certo, una grande massa di terra e roccia che si eleva sopra i terreni circostanti con delle pendici variamente inclinate si definisce montagna. Ma è anche una montagna nel senso di luogo di pace, silenzio, introspezione? Personalmente non frequento molto il Plan de Corones, ma è chiaro che se cerco quiete e pace non vado certo a Disneymount, un luogo caotico con tanto di museo.
In origine il museo era il luogo sacro alle Muse, un istituto creato per promuovere la cultura e mantenere uomini di lettere e di scienze, uno spazio di cose insigni per eccellenza, rarità, antichità. Il suo museo per elevare lo spirito umano, Messner l’ha chiamato il quindicesimo Ottomila. E allora la domanda è: perché in un luogo caotico sopraelevato un museo sì e un concerto che promuove buone vibrazioni no? Mi vien da pensare che la verità è come il sole, fa bene finché non brucia.
A Plan de Corones, oltre al museo, ci sono ristoranti, impianti, un’altalena gigante, un villaggio indiano, giochi e divertimenti, un parco arrampicata, ristoranti con cucina asiatica, pizzeria con cucina, il ristorante di uno chef blasonato e pluristellato, shop, scuole sci e pure lunghe e belle piste da sci. Per paradosso, la domanda giusta la si trova proprio sul sito Plan de Corones: che gusto hanno le montagne?
Ecco, Plan de Corones offre tutto tranne il gusto del silenzio. Un luogo così, se cerchi la calma e la pace dello spirito, lo eviti. E un’altra domanda sorge spontanea: in un luogo in cui masse di persone ci vanno per divertirsi, perché non potrebbe esibirsi un artista che canta di amore e di comunione? «Le canzoni non devono essere belle, Devono essere stelle, Illuminare la notte, Far ballare la gente». Punto. E come si fa a non essere d’accordo? Ampliando un po’ il discorso, giungo alla conclusione che si possono concentrare molteplici attività in luoghi già fortemente antropizzati, e che i luoghi deputati al silenzio rimangano tali, protetti e tutelati. Nella speranza che tra detrattori contrari e adulatori radicali si trovi armonia, consapevoli che tanto è più forte la concordia quanto più facile è battersi per la discordia, aspettiamo che la grande campana della Concordia su quel monte rintocchi non solo per Messner e Jovanotti ma per chi si pone le giuste domande, sempre.
Una cosa l’abbiamo capita: tutta questa pubblicità agli strateghi di Plan de Corones, a Messner, al concerto di Jovanotti, male non ha fatto. La domanda ultima è: e se fosse questo quello che hanno cercato?