Quella funivia lunga un secolo

Il rilancio del Bondone

di Luigi Sardi

Era la fine del marzo 1946 e nella Trento piegata da emergenze di ogni tipo la guerra era finita da dieci mesi, regnava ancora Casa Savoia, le macerie segnavano la Portéla e S. Martino, non c'era lavoro, era difficile coniugare il pranzo con la cena.

Si cercava un pasto nelle cucine popolari dirette da Lionello Groff, il giornale «Liberazione Nazionale» pubblicava a tutta pagina la notizia che si doveva costruire, e farla subito, una funivia per il Bondone.
Il quotidiano del Comitato di Liberazione Nazionale scrive che «c'è un interesse turistico del Bondone come patrimonio da sfruttare in tutte le sue complesse, rare e varie capacità, collegandolo alla città con un mezzo rapidissimo, costruendo un'attrezzatura complementare a quella cittadina con grandi ristoranti, impianti di sciovie e strade». 

Da ricordare che, distrutto il ponte sull'Adige sotto le bombe del 2 settembre del 1943, si raggiungeva Piedicastello a bordo di una zattera, che l'ospedale Santa Chiara era ancora a Pergine e che in Russia la Isvestia, probabilmente su suggerimento di Palmiro Togliatti che guidava il Partito Comunista, scriveva testualmente: «Per quanto riguarda l'Italia è necessario procedere con sollecitudine ad un trattato di pace» e che «sulla questione del confine del Brennero non vi sarà bisogno di discussioni». L' Unione sovietica doveva tener conto dei compagni del Pci e con il Brennero riconsegnava l'Alto Adige all'Italia. 

Attorno al futuro del Bondone, sulle pagine di «Liberazione Nazionale» si apre un intenso dibattito. Patrizio Bosetti propone uno stabilimento per i bagni di fieno nelle caserme costruite dagli austriaci alle Viote; Ernesto Conci si chiede se è meglio una funivia o una funicolare; l'ingegnere Renato Marchi presenta un progetto per una funivia che partendo dalla località Muredei, all'epoca era aperta campagna, «con un tracciato di 2.280 metri, 1.000 metri di dislivello e 300 persone ora collocherà Trento fra le città turistiche più importanti d'Italia». Si accavallano le proposte e l'industriale Mariano Lubich con Nino Graffer pioniere degli impianti a fune scrivono: «Abbiamo chiesto l'autonomia. Dimostriamo coi fatti la nostra volontà di fare e saper fare, che di parole se ne sono fatte anche troppe». Angelo Perego spiega i vantaggi della funivia sulla funicolare mentre Ernesto Conci propone una lotteria per raccogliere i fondi necessari all'impresa suggerendo «una vasta e moderna propaganda per il Bondone attraverso un film che valorizzi le bellezze naturali della nostra montagna». E aveva aggiunto che a Trento «città vocata all'alpinismo, si dovranno portare e proiettare tutti i film che hanno come tema la montagna», un'idea che qualche anno più tardi diventerà il famoso Festival dei film della montagna e dell'esplorazione. 

Ecco sul giornale l'articolo di Paolo Postai ad ipotizzare una funivia Trento-Vaneze, intesa come prolungamento della Trento-Sardagna distrutta dal bombardamento del 2 settembre del Quarantatrè e una lettera che non venne pubblicata perché richiamava un'idea nata negli anni Trenta, epoca dell'era fascista: una funivia che tratta dopo tratta doveva congiungere, scavalcando il Bondone, Trento a Riva del Garda. 

Quando venne inaugurata la linea aerea Milano-Monaco di Baviera-Berlino, l'aeroporto di Gardolo divenne lo scalo della Trento Redenta e si pensò, utilizzando le funi portanti e traenti della teleferica che durante la Grande Guerra univa la stazione ferroviaria di piazza Dante alle trincee del passo del Tonale, di costruire una funivia che tratta dopo tratta doveva portare i turisti tedeschi dall'aeroporto di Gardolo al Benaco. Tutto finì quando con una lettera di tre righe conservata negli archivi di palazzo Thun si comunicava la decisione di declassare l'aeroporto di Gardolo per aprire sulla rotta Milano-Monaco quello di Bolzano. 

Un'idea, quella della funivia Trento-Riva del Garda in vero mai accantonata. Come resta in piedi il suggerimento di una metropolitana sotto il Baldo fra Avio e Malcesine e la ferrovia per congiungere l'asse del Brennero a Mori, Arco fino al lago. Sogni nel cassetto? Forse. Ma è certo che i trasporti delle merci e i trasferimenti dei popoli avranno, nel futuro, veicoli diversi, con propulsione totalmente differente dall'attuale. Chissà se fra le montagne, il trasporto a fune vincerà le molte sfide. Per ora, il «rilancio del Bondone» occupa ancora una volta le pagine dei giornali. Intanto il dibattito sta sfiorando il secolo.

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