Passaggio di testimone all'Adige

Passaggio di testimone all'Adige

di Paolo Piccoli

Oggi l’Adige vede il passaggio di testimone tra Pierangelo Giovanetti e Alberto Faustini.

Due giornalisti che conosco e apprezzo da molti anni, di cui la famiglia de «l’Adige» e la nostra terra possono andare orgogliose, per la capacità di analisi, di riflessione, di approfondimento, in tempi sempre più veloci e caratterizzati da un eccesso di informazioni, nei quali occorrono interpreti di orientamento e di sintesi.

Il giornalismo, come ogni attività umana, non può mai prescindere dal punto di vista di chi scrive, ma la regola aurea del «prima le notizie, poi i commenti» aiuta a mantenere se non l’oggettività assoluta, quel distacco critico che è parte della reputazione di un organo di stampa.
«L’Adige», ora quotidiano indipendente del gruppo Athesia, è l’erede de «La Voce cattolica», de «il Trentino» e del «nuovo Trentino» degasperiani, del «popolo Trentino» di Flaminio Piccoli.

Dal 1865 sono trascorsi quasi 154 anni di storia, nei quali la nostra terra ha avuto una trasformazione straordinaria, di cui il giornale è stato testimone, coscienza critica e tessuto connettivo. La stampa libera è sempre fonte di umanesimo nelle nostre vite: ci tiene connessi in senso vero, profondo alla comunità; è talvolta scomoda, ci riporta anche le notizie meno buone; ma è sempre garanzia di libertà e di democrazia, proponendo uno spazio di riflessione, di interpretazione e di confronto di cui abbiamo sempre più bisogno in un’epoca caratterizzata da tweet superficiali, spesso aggressivi e poco meditati. Il successo quotidiano de «l’Adige» è merito di tutta la squadra: giornalisti, grafici, amministrativi, poligrafici. Ma l’indirizzo del direttore, allenatore-giocatore in campo, è fondamentale.

Per questo, nel dare il saluto di benvenuto ad Alberto Faustini, che ne «l’Adige» si è formato e vi ritorna, con la consapevolezza di assumere una forte responsabilità e con le qualità personali e professionali che gli sono proprie, desidero esprimere molta gratitudine a Pierangelo Giovanetti.

Sul piano editoriale, per aver saputo in oltre dodici anni, con la sua sensibilità, con la sua intelligenza, con la sua cultura, con la sua onestà intellettuale, portare «l’Adige» a livelli di qualità straordinari, pur nel mare in burrasca della rivoluzione dei media e dei social, garantendo tiratura, apprezzamento dei lettori, indipendenza del giornale, sguardo lontano.

Sul piano personale, con ammirazione, per la sua costante coerenza e la sua capacità di rimanere un osservatore delle vicende della nostra terra mai distaccato, ma anzi ispirato da appassionato idealismo. Il Trentino non ha bisogno soltanto del «fare», ma anche di intellettuali che ci facciano riflettere, al di là delle contingenze della politica, sul presente e sul futuro, per non ritrovarsi un giorno, senza accorgersi, «piccolo e solo».

Dunque, caro Pierangelo, nell’augurarti «buona strada», spero, semplicemente, di poterti leggere ancora.

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