Ci vuole del dolore per poter essere felici
Ci vuole del dolore per poter essere felici
L'uomo è stato ed è tutt'ora un essere diverso dalle altre forme di vita. Questo grazie alla ragione. La ragione è la facoltà di pensare stabilendo rapporti e legami tra i concetti, di giudicare riuscendo a distinguere il vero dal falso, il giusto dall'ingiusto. Ogni uomo può ragionare. È questo che ha portato avanti l'umanità.
Umanità: cos'è?
Siamo noi, genere umano, l'insieme degli uomini. Gli umani. Ma questo non basta. L'umanità è un'altra facoltà altrettanto importante, fondamentale per vivere tutti uniti. È l'insieme di sentimenti, come la benevolenza e la fratellanza, che si ritengono propri dell'uomo in quanto tale. Nel corso degli anni abbiamo partecipato a grandi cambiamenti avvenuti in tutti i campi: culturale, sociale, industriale, economico, tecnologico, etc. Da questi mutamenti l'umanità ha perso sempre più amore per i rapporti umani che dovrebbero costituire il fondamento di qualsiasi forma di civiltà. Trasformando l'uomo in oggetto per allietare i fini di uomini effimeri che non pensano ai bisogni dell'umanità ma solo al proprio prevalere sugli altri. Questo meccanismo ha innescato nell'animo di molte persone la dimenticanza delle proprie potenzialità, plasmando coscienze, ingannando menti, svuotando animi.
Perdita dell'io e non riconoscimento della propria anima.
Tale annullamento ha portato ad una crisi dello spirito, ad una rottura delle emozioni. Un velo che copre la nostra vera essenza. Cioè l'essere uomini di vetro. Quindi fragili. Fino ad ora si è voluto nasconderlo, costruendo falsi ideali, futili obiettivi e falsi miti per far parte, senza rendercene conto, dell'Estetica Generale. Dal greco «aisthetos», sensibile. Ci siamo abbassati alla «sensibilità generale» che purtroppo è una «falsa» sensibilità. È come in un gioco di ruolo: vince chi sa muoversi meglio, chi sa captare e riconoscere i punti deboli degli altri, per portare avanti la «sua» vittoria, non quella comune. Questo sta succedendo tra le persone: Finzione. Finzione come fine positivo del singolo e non del gruppo. Si fa finta di essere interessati al bene comune. La finta società ci ha portato a costruire falsi rapporti. Le fragilità, che noi tutti abbiamo, vengono sfruttate da alcune persone, plasmandoci in oggetti per un loro fine. Per sentirsi forti con i più deboli ancora in cerca di un ideale. Persone che hanno perso la concezione di Mondo. Di Uomo.
Perdita dei valori e costruzione di false personalità.
Persone che vivono bene vedendo le altre star male, riuscendo a trarre forza dal loro malessere: siamo diventati insensibili. Poi, però, quando si perde qualcosa a noi caro, arriverà la crisi interiore, domande esistenziali sorgeranno: chi sono io? Cosa ho fatto? Dove andrò se continuerò così? E qui ci si accorge di quello che non si è fatto, anzi di quello che si è fatto ma solamente per sé stessi. Si sentirà un dolore profondo, un abbandono da quelle vesti strette che si sono radicate nello spirito plagiato. Ma è in quel momento determinato che si è nudi e puri.
Svestendosi dai canoni comuni.
Ed è qui che si esterna la nostra vera essenza. Le nostre debolezze, il nostro animo debole che va curato come un locus amenus. L'uomo è fragile ma con la sua fragilità è portato a capire meglio gli altri, ad essere un empatico. Ad essere debole senza vergogne. A diventare forte insieme a tutti gli altri, insieme alle debolezze di ognuno.
Comprensione.
Più dialoghiamo più possiamo capirci e capire gli altri. È importante, quindi, riconoscere che noi uomini abbiamo bisogno di tirar fuori le paure e le debolezze. Non dobbiamo nasconderci dai nostri animi deboli. Non dobbiamo seguire una linea orizzontale che ci porta alla materia, ma una verticale che ci elevi verso lo spirito.
Ci vuole del dolore per poter essere felici e ci vuole coraggio per superare falsi miti e per togliere il velo sopra tanti occhi oscurati dalla falsità.
Carlotta Facchini
Classe 5Dª Liceo artistico «A. Vittoria» di Trento
Questo è il testo del tema svolto in classe dalla studentessa