Una finanziaria da incubo

Una finanziaria da incubo

di Michele Andreaus

Nel documento di programmazione economica e finanziaria approvato giovedì scorso dal Governo, ci sono alcuni preoccupanti elementi che vanno attentamente analizzati. Al di là del personale disagio nel vedere membri del Governo che esultano dal balcone di palazzo Chigi, rimane una sensazione che qualche cosa non vada.

C’è innanzitutto un aspetto tecnico (noi ragionieri siamo sempre innamorati dei numerini) e uno squisitamente politico. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, mi sento di smentire categoricamente che questa finanziaria sia coraggiosa. È una finanziaria assolutamente banale, figlia di una politica bloccata ed assolutamente incapace di uscire dalla demagogia dello slogan. È inoltre debole, perché non fa scelte, non ne contiene nemmeno una. È una finanziaria che oserei definire compulsiva. Come lo shopping: dentro tutto, non scelgo se prendere la giacca o il pantalone, prendo entrambe. Poi alla cassa lascerò il conto da pagare.

È una finanziaria che contiene qualche investimento, tanto per fornire uno straccio di alibi per poter parlare di crescita, molto assistenzialismo e molti debiti messi sul conto delle future generazioni. È una finanziaria che penalizza il lavoro e la produzione di quella ricchezza che la Politica dovrebbe decidere come ripartire, facendo invece debito per distribuire un po’ di soldi a pioggia. Mi permetto di dubitare sulla severità proclamata nel contrastare la possibile coesistenza tra lavoro in nero e reddito di cittadinanza.

È una finanziaria che prende in giro, per l’ennesima volta, il contribuente onesto e che stende il tappeto rosso all’evasore, con una terminologia che, al confronto, la neolingua e il bispensiero orwelliano impallidiscono: espressioni quali «pace fiscale» e «evasore buono» spostano il limite della decenza oltre gli anelli di Saturno.
È una finanziaria che premia i tanti over cinquanta che anticipano la pensione. Ho già scritto su questo giornale come anche questa sia una decisione di mero consenso: questa fascia di età è ampia, figlia del boom demografico degli anni ’50 e ’60, molto più importante di quella dei millennials, che sono molti meno e quindi, elettoralmente parlando, non se li fila nessuno. Peccato che questi siano il futuro del paese e questa finanziaria lasci a loro il conto da pagare.

Ma fin qui siamo nei numerini, che danno spesso molto fastidio alla politica. Poi c’è quell’euforia ostentata sul balcone. Perché tutto ciò? Perché un governo festeggia una sua decisione? Non è l’opposizione che festeggia la caduta del governo antagonista. Non è un politico che festeggia l’elezione. E qui forse è opportuno cercare di capire cosa succederà nelle prossime settimane. Il mio pensiero, che cerco di cancellare dalla mente, è che questa finanziaria altro non sia se non un grimaldello per scardinare tutto.

Il Parlamento, come sempre in questi ultimi tempi, non giocherà alcun ruolo: le Camere sono ormai solo palazzi ad uso turistico, con i parlamentari ridotti a meri figuranti del teatrino. Il presidente della Repubblica, dal canto suo, potrebbe non approvare una finanziaria di questo tipo, ma prima che arrivi sul suo tavolo, altri e ben più importanti saranno i passaggi.

Innanzitutto la Commissione Europea, che si troverà di fronte a due scelte. Potrebbe chiudere gli occhi e fare finta che tutto vada bene, per non avere uno scontro con l’Italia. Ma se chiudesse gli occhi con noi, a parte la perdita di credibilità politica, dopo si creerebbe un pericoloso precedente e verrebbe comunque messo in tensione l’equilibrio che regge l’Euro. Probabilmente, quindi, la Commissione boccerà questa finanziaria e potrebbe anche prevedere, per la prima volta, delle sanzioni contro l’Italia per il mancato rispetto di regole approvate all’unanimità (quindi anche da noi).

E allora il nostro governo cosa farà? Probabilmente, temo, non ci sarà alcun dibattito parlamentare, ma dichiarazioni social violente contro l’Europa e contro i mercati (che nella retorica di questa politica non sono i risparmiatori, ma una sorta di «spectre»), che nel frattempo potrebbero avere abbandonato i titoli pubblici italiani, soprattutto dopo un ritocco verso il basso del rating, atteso nella seconda metà di ottobre. Ecco allora che si potrebbero creare le condizioni per decisioni impensabili sino a qualche mese fa, con l’Italia che avvia brutalmente un percorso di uscita dall’Europa e dall’Euro. Le conseguenze sarebbero inimmaginabili, ma se questa fosse l’interpretazione corretta, vorrebbe dire che è in corso una vera e propria guerra, che vede l’Italia il fronte principale, combattuta con armi non convenzionali, che non fanno morti (o ne fanno meno), ma lasciano comunque macerie sociali ed economiche.

Ci sono varie potenze che vedrebbero con grande favore un’implosione dell’Europa e che quindi potrebbero offrire anche forti appoggi politici, sia ad est, che ad ovest. L’esplosione della questione Italia creerebbe infatti un’onda d’urto devastante sulla politica e sui mercati non solo europei, ma mondiali, anche perché verrebbe di fatto dichiarato il nostro default, con tutte le drammatiche conseguenze che ne potrebbero derivare.

Io non penso che il cosiddetto «popolo» voglia questo e non penso nemmeno che l’Italia si meriti questo, ma quando ho visto quei ministri sul balcone ho pensato alla stessa esultanza che la storia ha documentato su altri balconi romani.

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