Così si perde, occorre ripartire

Così si perde, occorre ripartire

di Lorenzo Dellai

Nel suo editoriale di domenica scorsa, il Direttore ha proposto la sua analisi sulla situazione politica trentina. Ho letto qualche passaggio decisamente ingeneroso nei confronti di chi si sta impegnando nella coalizione del centro sinistra autonomista. Ma il quadro dipinto non è purtroppo molto lontano dalla realtà.
Lega e Movimento 5 Stelle hanno il vento nazionale in poppa e il nuovo Governo - che pure non tarderà nel medio periodo a manifestare le sue insanabili contraddizioni e a pagare lo scarto tra attese suscitate e decisioni possibili - ad ottobre sarà ancora in luna di miele con una parte rilevante di elettorato. 

Nello stesso tempo, risulta abbastanza comprensibile che personalità, movimenti e formazioni di matrice Civica - esterne sia alla maggioranza provinciale che al centro destra tradizionale - siano piuttosto guardinghe e perplesse di fronte a proposte che prefigurino per loro ruoli meramente «aggiuntivi» rispetto all'attuale assetto del centro sinistra autonomista, peraltro esso stesso tutt'altro che unito e motivato.
Stando così le cose, gli scenari, come scrive il Direttore, non sono certo rosei. 

Scontiamo una difficoltà oggettiva; uso il «noi» perché nessuno che abbia o abbia avuto fino ad ora ruoli di primo piano può chiamarsi fuori dalle responsabilità.
In generale, le culture progressiste e popolari non sono state all'altezza di interpretare la crisi della democrazia rappresentativa e della sua capacità di produrre uguaglianza.
Ed oggi in Italia e in molti Paesi europei ne pagano le conseguenze.
In Trentino, la possibilità che queste culture - in forza della loro peculiare storia e conformazione - possano «resistere» nel breve periodo all'onda della destra e del populismo passa da una sola condizione: la capacità di dare corpo ad un progetto «anomalo» rispetto agli schemi tradizionali. 

Non si tratta di evocare l'Autonomia come una sorta di scudo difensivo («da noi è diverso, dunque ridateci fiducia»): sarebbe perdente e non in sintonia con ciò che bolle nelle pieghe più intime della pubblica opinione anche locale.
La nostra Speciale Autonomia non ci isola rispetto ai processi ormai globali: è piuttosto lo strumento per governarli, umanizzarli, interpretarli secondo la nostra costituzione materiale, riducendo i rischi di omologazioni e i salti nel buio.
Occorrerebbe dunque piuttosto convincere che il nostro progetto autonomistico rappresenta una via possibile, concreta e costruttiva per dare risposta alle inquietudini e alle paure, che vanno riconosciute e in base alle quali molti si affidano alle ricette della destra e dei populisti.
Una via che punta ancora sui valori di una società aperta e sicura, efficiente e solidale.
Non servono gli arrocchi difensivi né gli auspici di «allargamento».
E neppure scimmiottare le parole d'ordine della destra populista. Serve la coraggiosa umiltà di una rigenerante ripartenza.

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