Vino artigianale, è questo il futuro

Vino artigianale, è questo il futuro

di Lorenzo Cesconi

«Trent'anni trentini» è stato il titolo della manifestazione con la quale, nel fine settimana appena trascorso, abbiamo festeggiato il trentesimo anniversario di fondazione della Associazione Vignaioli del Trentino, dal 2015 diventata Consorzio.

Tre giorni di eventi, tre giorni di festa che noi, che il vino lo facciamo, abbiamo voluto condividere con tutti quelli che il vino lo amano: vino artigianale, frutto del talento e della passione di ogni singolo Vignaiolo; vino di territorio, che prova a essere racconto sincero di una terra, della sua storia, delle sue vocazioni, delle sue caratteristiche uniche e irripetibili.

Sono passati trent'anni dal 1987, e abbiamo voluto definirli «trentini», perché la storia dei Vignaioli del Trentino non esisterebbe senza questa terra, dove siamo nati o in cui siamo giunti, ma che abbiamo tutte e tutti deciso di coltivare. Abbiamo quindi voluto rivendicare con orgoglio il legame della nostra storia con il territorio: senza di esso, non saremmo Vignaioli, ma ci piace anche pensare che senza di noi, il Trentino stesso perderebbe un pezzo di sé.

Il territorio è stato l'assoluto protagonista di questa nostra festa, a partire dalle tre degustazioni che abbiamo organizzato in tre diverse aziende: nei dieci spumanti metodo classico degustati in compagnia di Roberto Anesi, fresco vincitore del concorso di miglior sommelier d'Italia, il territorio è emerso con la sua straordinaria varietà, quella «felice disuguaglianza» di cui parlava Luigi Veronelli nel descrivere i nostri vini; dai tredici Teroldego dell'incredibile batteria di degustazione (un viaggio nel tempo fino al 1970!) condotta da Fabio Giavedoni, curatore nazionale della guida Slow Wine, abbiamo avuto la conferma che abbiamo in mano davvero il «Tiroler Gold», «l'oro del Tirolo», e che sta a noi valorizzarlo come eccellenza, con il lavoro di squadra, definendo un'identità territoriale comune; nei nove calici di Vino Santo abbiamo trovato un «radiofaro» che proietta nel futuro la conoscenza e la consapevolezza del passato, usando le parole di Sandro Sangiorgi, critico e scrittore che ci ha guidato per mano dentro ai bicchieri e nella storia di questo incredibile vino dolce, quintessenza di un territorio, piccola ma preziosissima perla il cui valore non sempre è compreso adeguatamente. La centralità del territorio è stata ribadita nella Mostra che sabato pomeriggio ha portato a Palazzo Roccabruna centinaia di persone, tantissimi giovani, che nelle centotrenta etichette in degustazione, divise nei sette desk tematici, hanno potuto conoscere e apprezzare tutto il Trentino dei Vignaioli, la bontà dei nostri vini, le unicità dei vigneti che coltiviamo, i valori e le parole in cui crediamo.

Il territorio è un bene di tutti: materiale, fatto di terra, aria, sole e pioggia, e immateriale, intreccio delle culture, delle storie e delle tradizioni delle persone che lo abitano. Non è monopolio di nessuno, men che meno dei Vignaioli: per questo motivo abbiamo deciso di invitare e coinvolgere nelle tre degustazioni altrettanti protagonisti del vino trentino, con una natura societaria diversa da quella dei Vignaioli, ma con la stessa tensione alla qualità e alla territorialità. Un segnale concreto, non retorico, che testimonia nei fatti come l'unica possibile strategia per il sistema vitivinicolo trentino sia quella della collaborazione, del dialogo praticato e non solo affermato, e che la traduzione di questa volontà di collaborazione sia quella di un confronto tra pari, dove sul tavolo si mettano le idee e non gli ettolitri di vino imbottigliati.

Oggi i Vignaioli sono circa sessanta. Come ci ha ricordato sabato all'inaugurazione della Mostra l'amico ed ex presidente dell'Associazione, Mario Pojer, dobbiamo darci obiettivi ambiziosi, puntando tra dieci anni almeno a raddoppiare questo numero. Non certo per autocelebrazione o smanie di grandezza, ma solo perché siamo profondamente convinti che il Trentino del vino soffra ancora di una grande debolezza, che è il numero troppo basso di produttori e imbottigliatori rispetto al totale della superficie vitata. Territori di grande vocazione e riconoscibilità a livello internazionale, come la Borgogna in Francia e il Piemonte in Italia, per fare solo due esempi, fanno dell'alto numero di aziende un vanto e un punto di forza. Uno dei principali obiettivi del prossimo futuro dovrà quindi essere proprio questo: l'«infrastruttura» non manca, né in termini di produzioni e vocazioni (le degustazioni di questi giorni lo hanno ampiamente dimostrato), né in termini di competenze, avendo il privilegio di avere in Trentino un centro di ricerca, formazione e assistenza prestigioso come San Michele, ma anche contando su quell' «educazione agricola radicata» che Sandro Sangiorgi ha riconosciuto come un capitale sociale della nostra terra.

Gli strumenti per raggiungere questo obiettivo sono i più diversi: chiamano in causa direttamente noi come Consorzio Vignaioli, che sempre più deve mettersi a disposizione in termini di consulenza, supporto e accompagnamento verso la nascita di nuove aziende del vino artigiano; interrogano il sistema cooperativo, che potrebbe diventare uno straordinario volano per lo sviluppo di nuove forme di imprenditoria giovanile nel mondo vitivinicolo; possono essere attivati attraverso rimodulazioni delle politiche di sostegno alla nuova imprenditorialità, premiando chi investe non con contributi a fondo perduto, ma intervenendo sui tassi di interesse.
Tutto questo esige una regia complessiva, che delinei le strategie della vitivinicoltura trentina su un orizzonte lungo: come fatto in tutti questi primi trent'anni, noi Vignaioli siamo a disposizione per cooperare fattivamente, condividere saperi ed esperienze, immaginare insieme il futuro del vino trentino e del territorio che coltiviamo, curiamo e amiamo profondamente.

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